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Cattedrale del Duomo e Battistero


Nel cuore del centro storico di Padova, in Piazza Duomo, tra il Battistero tardo romanico e il Palazzo Vescovile, sorge uno tra i più importanti monumenti della città: la Cattedrale dedicata a Santa Maria Assunta.


CATTEDRALE DEL DUOMO
Piazza del Duomo
Tel.049/662814
Orario di apertura: nei giorni feriali ore 7.30-12 e 15.45-19.30; nei giorni festivi ore 7.45-13 e 15.45-20.30
Autobus: diretto piazze, 8, 12, 18, 32
Tempo minimo necessario per questa visita: 40 minuti

Nel cuore del centro storico di Padova, in Piazza Duomo, tra il Battistero tardo romanico e il Palazzo Vescovile, sorge uno tra i più importanti monumenti della città: la Cattedrale duomo1g dedicata a Santa Maria Assunta. Essa è un edificio realizzato su precedenti costruzioni più antiche, andate distrutte, dall’architetto Andrea Da Valle e Agostino Righetti nel XVI secolo, su disegno di Michelangelo Buonarotti. La sua costruzione è stata però completata solo nel 1754 per opera dell’architetto veneziano Girolamo Frigimelica, anche se la grandiosa facciata in cotto da lui disegnata rimase incompiuta. La Cattedrale al suo interno è un ambiente a tre navate a croce latina, con transetto e cappelle laterali, una cupola circolare all’incrocio del transetto, una ellittica nella navata centrale e il presbiterio elevato sopra la cripta. Le varie cappelle che essa contiene sono ricche di pregevoli opere d’arte che ci si può soffermare ad ammirare: altari, pale d’altare, tele, affreschi, monumenti sepolcrali dei vescovi di Padova, sculture e numerose iscrizioni che ricordano importanti avvenimenti o personaggi che hanno legato il loro nome al Duomo stesso. Particolare è il presbiterio della Cattedrale che è stato adattato alle nuove esigenze pastorali nel 1997, in occasione del terzo centenario della morte di S.Gregorio Barbarigo, vescovo di Padova dal 1664 al 1697, e che è stato abbellito con l’altare in marmo sorretto da angeli, un nuovo ambone, una cattedra e due gruppi scultorei con i santi protettori di Padova (a sinistra, S.Prosdocimo e Santa Giustina e a destra, S.Antonio e S.Gregorio Barbarigo) eseguiti dall’artista toscano Giuliano Vangi, che s’inseriscono armoniosamente nello spazio architettonico, senza sopprimere nulla dell’antico. Originale è la posizione in cui si trovano le sculture dei santi protettori della città, che ora non sono più distanti dai fedeli, come voleva la tradizione che li collocava un tempo in alto, sullo sfondo dell’abside o sopra l’altare, ma sono vicini a chi prega e sembrano con lui condividere la sua situazione.

Approfondimento
Tra i monumenti più importanti di Padova che si possono visitare, troviamo la Cattedrale dedicata a S.Maria Assunta, in Piazza Duomo. Essa è compresa tra il Battistero tardo romanico, decorato con gli affreschi trecenteschi di Giusto De’Menabuoi e il Palazzo Vescovile, nei cui locali è stato allestito l’interessante Museo Diocesano che contiene preziose opere di pittura, scultura, oreficeria, codici miniati e paramenti sacri, molte delle quali provengono dal ricco patrimonio della Cattedrale stessa. Il Duomo costituisce oggi, il perno della vita religiosa della città e nel corso del tempo, molti papi vennero qui in visita e celebrarono l’eucaristia: Papa Pio VI reduce dal suo viaggio, purtroppo infruttuoso, nella capitale austriaca, Pio VII all’inizio del suo pontificato, il cardinale Angelo Roncalli, futuro Papa Giovanni XXIII e infine, l’attuale Papa Giovanni Paolo II, che qui fu accolto solennemente da tutti i sacerdoti della diocesi, il 12 settembre del 1982. Nel 2000, la Cattedrale è stata scelta, assieme alla basilica di S.Giustina, di Sant’Antonio e al santuario di S.Leopoldo come chiesa giubilare di Padova. L’attuale edificio sorge su precedenti costruzioni. Agli inizi del VII sec., infatti, il vescovo Tricidio edificò la prima cattedrale entro la cinta muraria, dopo la cacciata dei longobardi; prima essa aveva invece la sua sede fuori delle mura, nella chiesa di S.Giustina. In questo periodo, la Cattedrale fu il punto di forza della rinascita patavina dopo il triste periodo delle invasioni barbariche. Il terremoto del 1117 distrusse quasi tutta la sua prima costruzione voluta da Tricidio e l’architetto Macili ne eresse un’altra nel 1124, che Giusto ha raffigurato nello sfondo dell’affresco con la vocazione di Matteo, nel vicino Battistero, che ci permette di renderci conto di quale fosse il suo antico aspetto. Nel 1401, Francesco II da Carrara (padre del vescovo Stefano) donò una cospicua somma per la sistemazione definitiva del soffitto e l’opera si protrasse per tutto il secolo. Egli donò inoltre, per il cimitero della Cattedrale, l’area che corrisponde all’attuale piazza, una volta utilizzata per il mercato dei porci. La donazione ci viene ricordata da un’iscrizione nel capitello di una colonna che si trova ai margini del sagrato della Piazza del Duomo. La Cattedrale, però, ritenuta inadeguata alle esigenze pastorali, o forse perché così non poteva competere con la Basilica del Santo, fu completamente ricostruita per volere del Cardinale Francesco Pisani, tra il 1552 e il 1570, da Andrea Da Valle (che vinse il concorso del 1547, che era stato bandito per la progettazione del nuovo duomo) e Agostino Righetti su disegno (del 1551) di Michelangelo Buonarotti, preferito a quello di Jacopo Sansovino (del 1549). Essa venne completata solo nel 1754 per opera del conte Girolamo Frigimelica, architetto veneziano, anche se la grandiosa facciata da lui disegnata non venne mai ultimata. Quanto fu eseguito e in pratica parte della zoccolatura in pietra rimane tuttora. La facciata e la grande cupola della cattedrale furono gravemente danneggiate nei bombardamenti delle guerre mondiali e, precisamente, nel 1917-18 e nel 1944. Il duomo si presenta con una nuda facciata in cotto. Ha un solo movimento in alto, dove il tetto a capanna corrispondente alla navata centrale si sopreleva sulle ali e nelle due nicchie, tra le tre porte d’ingresso. Il pavimento del sagrato è stato rifatto completamente nel 1983: è una superficie di 1500 mq ca., in trachite euganea bocciardata e di 400 mq di marmo bianco e rosso, in prossimità degli ingressi. Sotto il sagrato, sembra ci siano importanti testimonianze archeologiche. Al suo interno la chiesa è a tre navate con transetto e cappelle laterali. Una cupola circolare si trova all’incrocio del transetto, una ellittica nella navata centrale. Ai fianchi del profondo presbiterio, elevato sopra la cripta, le sacrestie proseguono le navate laterali. Lo spazio interno è molto vasto e armonioso, nonostante sia il frutto di numerosi interventi susseguitesi nel corso del tempo.

 


La visita alla Cattedrale comincia dalla NAVATA LATERALE SINISTRA, dove si trova la cappella dedicata alla Madonna dei Ciechi. Qui su un altare settecentesco di marmo bianco di Carrara, si può ammirare una pala con la Trinità, un Santo e un Vescovo di Antonio Buttafogo, pittore veronese del XVII sec. In mezzo a questa pala, dentro una cornice, è inserita una tavola con la Madonna col Bambino, opera quattrocentesca di Stefano Dell’Arzere. Sempre nella navata sinistra, è situata anche la cappella di S.Girolamo. Qui, si trova un altare barocco in marmo rosso e bianco che è stato fatto costruire da Girolamo Selvatico nel 1603, con una splendida tela, anch’essa seicentesca, di Pietro Damini da Castelfranco che raffigura S.Girolamo inginocchiato che si percuote con un sasso, al centro, con accanto il libro della Sacra Scrittura aperto e, in basso a sinistra, lo stesso committente Girolamo Selvatico. Sulla parete di destra, una lapide in marmo nero ricorda con la sua iscrizione Benedetto Selvatico (1533-1603). La terza cappella è dedicata a S.Gregorio Barbarigo. Essa conserva il corpo del Santo in un altare bianco e verde, con la sua statua, due angeli ai lati, due angioletti sotto in marmo e quattro busti in bronzo che rappresentano i santi protettori di Padova, attribuiti ad A.Scarabello. L’altare è stato disegnato da Giorgio Massari nel 1762 ed è, però, stato eseguito dal padovano Androsi, che realizzò anche le stesse statue. Dietro l’altare, si può ammirare la tela con la Crocifissione e con le Sante Maddalena in veste rosa e chioma sciolta e Caterina incoronata, con la palma del martirio e la ruota, di Pietro Damini (sec.XVII). Il soffitto di questa cappella è stato affrescato da G.Battista Mengardi, sempre nel 1762. La quarta cappella è dedicata, invece, a S.Giuseppe. Dietro l’altare, su un fondale barocco, qui si può ammirare una meravigliosa pala di Giovanni Antonio Pellegrini raffigurante la Madonna col Bambino, S.Cesareo a sinistra e S.Giuseppe a destra, eseguita intorno al 1716, quando venne costruito il fondale in marmo che reca due stemmi, anch’essi marmorei, ai lati e l’iscrizione che ci ricorda la sua realizzazione da parte dell’abate Gabriele de Leone, conte di Sanguinetto di quell’anno. L’altare un tempo costudiva i resti del Beato Giordano Forzatè, che furono trasferiti nel 1952 nella chiesa di S.Benedetto. Il coro in noce è il cosiddetto “coro d’inverno”, opera della metà del Cinquecento o della prima metà del Seicento. Tra due lesene, a sinistra, una lapide ricorda la dedicazione della cappella da parte del vescovo Ildebrandino, grande amico del Petrarca, ai santi Benedetto e Cesario (1350). Accanto è posto il busto e la lapide del cardinale Giuseppe Callegari, vescovo di Padova (1907). Nel vano corrispondente all’uscita laterale di mezzogiorno, una lapide marmorea ricorda la visita del 1782 di Papa Pio VI. Di fronte, si può ammirare un busto in marmo bianco di Carrara del poeta Francesco Petrarca, eseguito nel 1818 dal padovano Rinaldo Rinaldi e offerto dal canonico Antonio Barbò Soncin. L’iscrizione nella lapide di marmo nero, ci testimonia che Petrarca era stato anche lui un canonico del Duomo

 

(Francisco.Petrarchae/Antonius.Barbo.De.Soncino/Canonicus.Canonico/Ann.M.DCCC.XVIII./P./L.M.D.C.D.).

 

Proseguendo la nostra visita alla Cattedrale, nel braccio sinistro del transetto, possiamo osservare, a sinistra, una tipica tomba tardo medievale (1420) con l’arca sorretta da mensole sulla quale riposa la figura di Pileo da Prata, vescovo di Padova. Al posto del solito arco acuto, però, questa tomba è sovrastata da un tendale. Essa è stata realizzata da Pier Paolo delle Masegne. A destra, è posto invece il monumento funebre del vescovo Pietro Barozzi (1507), attribuito al Vittoria. Alle pareti, si possono ammirare due belle tele settecentesche di autori ignoti, che raffigurano, rispettivamente, la Consegna delle tavole della Legge e la Caduta della Manna. Nella cappella del SS. Sacramento, è posto l’altare barocco del Santissimo Sacramento di Giovanni Gloria e Giorgio Massari. Esso è una grandiosa composizione settecentesca in marmo bianco di Carrara; è decorato da due grandi angeli marmorei, quello a destra di Tommaso Bonazza e quello a sinistra di Jacopo Gabano, entrambi del 1751. I pannelli in bronzo sono stati eseguiti anch’essi dal Gabano e raffigurano: l’orazione nell’orto, l’ultima cena, la lavanda dei piedi, la predicazione del Battista, il miracolo della manna e la moltiplicazione dei pesci. Nell’atrio della sacrestia dei canonici, si possono ammirare tre tele sull’absidiola: l’Annunciazione del pittore francese Giovanni Raoux (XVIII sec), l’Assunzione in una ricca cornice barocca dorata e intagliata opera del pittore padovano Zanella (XVII-XVIII sec) e la Visitazione sempre del Raoux. Nella sacrestia dei canonici, erano contenute varie opere d’arte di noti pittori che hanno lavorato, tra il XIV e il XVII secolo, nell’ambiente padovano: Giusto De’Menabuoi, Nicoletto Semitecolo, Giandomenico Tiepolo, Schiavone, Bassano e Jacopo da Montagnana. Oggi, possiamo ammirare molte di queste opere nel vicino Museo Diocesano.

Merita una particolare attenzione anche il profondo PRESBITERIO della Cattedrale. Nel 1997, esso è stato adattato alle nuove esigenze pastorali e abbellito con nuove opere che si inseriscono armoniosamente nello spazio, senza sopprimere nulla dell’antico presbiterio. A sinistra, si trova ancora l’iscrizione posta sotto il busto del vescovo F.S.Dondi dell’Orologio, con la quale si ricorda che, nel 1807, un padovano divenne vescovo di Padova, dopo ben quattro secoli di prelati veneziani. L’altare che possiamo ammirare è opera del padovano Daniele Danieletti realizzata nel XVIII sec. Sulle due pareti laterali, sono posti due grandi organi antichi costruiti da Antonio Callido, su disegno di Daniele Danieletti, nel 1791 con statue raffiguranti la Giustizia, la Fede, la Prudenza e la Purezza di Luigi Verona, artista padovano. Interessante è anche il baldacchino dell’altare maggiore intagliato e dorato, opera dello scultore padovano Cesare Bovo, che contiene la tela raffigurante Dio Padre in Gloria di Francesco Zanella, del XVI sec. Sulla parete sinistra, si trova il monumento in marmo di Carrara con due busti di papa Benedetto XIV e del vescovo, cardinale Rezzonico, opera di G.M. Morlaiter, veneziano (XVIII sec.). Sopra di esso, è posta una tela con i santi Protettori di Padova, che può essere datata agli inizi del sec.XIX. Più in alto, si può ammirare la Natività di Gesù di Antonio Balestra, pittore settecentesco veronese e il grande coro con trentacinque stalli, in legno di noce intagliato, del sec.XVIII, opera di F.Parodi, restaurata anch’essa nel 1997. Tra le nuove opere del presbiterio, troviamo un altare di marmo sorretto da angeli, un nuovo ambone, una cattedra e due gruppi scultorei eseguiti dall’artista toscano Giuliano Vangi con i santi protettori di Padova: a sinistra, si possono ammirare le statue in marmi policromi di S.Prosdocimo, che è colui che ha posto le radici alla pianta della vita cristiana nella Chiesa diocesana e ne è testimone autorevole e di Santa Giustina che è stata da lui battezzata ed è quindi il frutto della fede cristiana appena piantata; a destra si trovano le statue di S.Antonio in bronzo dorato rappresentato in movimento sulla spiaggia, mentre sta rivolgendo la parola ai pesci del mare e di S.Gregorio Barbarigo in marmo policromo. L’altare, l’ambone e la cattedra, i tre grandi segni della celebrazione, sono perfettamente visibili e stanno in un perfetto eq
uilibrio tra loro. L’altare è il centro di tutta l’area presbiteriale e si presenta con una candida mensa di marmo di Carrara “sostenuta” da quattro angeli musicanti che suonano strumenti classici. Gli angeli, qui, più che essere un elemento di vero e proprio sostegno, sono scolpiti in volo, con le ali spiegate, i capelli e le vesti che ondeggiano al vento. Sono assorti nella loro musica, hanno il volto armonioso ed esprimono una vitalità fresca e misurata. L’ambone è costituito anch’esso da una candida mensa che richiama quella dell’altare ed emerge da un albero robusto, dal folto fogliame. E’ il biblico albero della vita che dà frutti in tutte le stagioni, perché affonda le sue radici nella fecondità della Parola di Dio. Le foglie dell’albero si fondono con i capelli al vento dell’angelo annunciatore, che è l’altro elemento costitutivo dell’ambone. Il suo volto dorato è assorto nell’ascolto della Parola di Dio, medita per poi annunciarla efficacemente. La cattedra vescovile, invece, è collocata sullo sfondo dell’area della celebrazione, è costituita con la stessa pietra del presbiterio su cui poggia ed è caratterizzata da una sobria semplicità che si unisce ad un tocco di eleganza. Quest’ultima emerge dal disegno delle foglie sui braccioli e da quello traforato sui bordi dello schienale. Originale è anche la collocazione delle sculture con i santi protettori di Padova di Giuliano Vangi. Per tradizione, nelle chiese occidentali, solitamente i santi sono collocati in alto, sullo sfondo dell’abside, sopra l’altare o sulle pareti e sono raffigurati nella loro ieraticità, che li fa sembrare fuori dal tempo, lontani dalla quotidianità che caratterizza la vita di tutti noi. Nella tradizione orientale, invece, le icone dei santi stanno nella iconostasi. Sono vicini, ma fanno da “separazione” tra i fedeli e il mistero celebrato. Qui, nel presbiterio della Cattedrale, sono state superate queste due tipologie e i santi sono stati collocati accanto al fedele che prega, condividono con lui la sua situazione e sono a misura d’uomo.

 


Anche nella NAVATA LATERALE DESTRA della Cattedrale, sono presenti altre importanti cappelle ricche di pregevoli opere d’arte. Nell’atrio della sacrestia dei Prebendati, possiamo ammirare in una nicchia delle tele seicentesche rappresentanti la Nascita di Cristo di autore ignoto, lo Sposalizio della Vergine di Minorello e un Martirio di A.Vicentino. Nella cappella della Madonna dei Miracoli e quindi in corrispondenza del braccio destro del transetto, è posto a sinistra il monumento sepolcrale gotico del cardinale Francesco Zabarella (1360-1417), vescovo di Firenze e professore di diritto canonico all’università di Padova. Il monumento è completato in alto da un arcosolio ogivale sormontato da cinque statue con la Madonna con il Bambino e quattro Santi, opera forse di Rinaldino da Francia (1397) ed affrescato, nella parte frontale, con l’Annunciazione. Sotto l’arcosolio, una tela rappresentante la Crocifissione di Luca Ferrari da Reggio. Nell’abside del braccio destro del transetto, si trova un grande altare barocco forse appartenuto alla famiglia Zabarella. Su questo, è posta l’immagine a tempera della Madonna col Bambino, che un’antica tradizione vuole sia appartenuta al Petrarca e che egli stesso riteneva dipinta da Giotto e aveva donato a Francesco il Vecchio da Carrara. Passata in proprietà di Antonia Zabarella, sarebbe stata da lei stessa donata al duomo. Si ritiene, invece, che la tela in questione sia un’opera eseguita in tempi e da artisti diversi: la Madonna col Bambino bizantineggiante è stata forse eseguita da un veneto del Duecento e lo sfondo architettonico è attribuito ad un artista a cavallo tra Trecento-Quattrocento. L’immagine è incorniciata da un monumentale supporto in legno intagliato e dorato. Ai lati dell’altare della Madonna, sono state poste le due ante del cancello bronzeo che un tempo chiudeva il presbiterio, con le figure dei Santi Dottori della Chiesa. Sulla parete di destra, si trovano altri monumenti: quello dedicato a Bartolomeo Zabarella del 1414 e quello manieristico con busto in bronzo in onore, invece, di Achille Zabarella. Nell’atrio dell’uscita di tramontana, è collocato il monumento con il busto dell’umanista padovano Sperone Speroni degli Alvarotti, dell’architetto Girolamo Campagna e dello scultore Palmari (XVI sec.). Nella lastra in marmo nero del basamento, interessante è l’iscrizione dettata da Speroni stesso e ritenuta la più antica in lingua volgare di un umanista del Cinquecento. Di fronte al monumento di Sperone Speroni, è collocato quello della figlia Giulia. Nella navata laterale destra, troviamo anche la cappella del S.Cuore o di S.Carlo, quella di S.Lorenzo Giustiniani con il suo grande altare marmoreo sul quale stanno la statua del Santo, due angeli e dei piccoli busti di Beati della famiglia Giustiniani opera di Felice Chiereghin, datata 1788 e in un fondale marmoreo una tela con la Madonna in trono tra i Santi attribuita al Padovanino (XVII sec.); la cappella di S.Lorenzo Martire con l’altare barocco e la pala raffigurante il martirio del santo di Alessandro Galvano, pittore padovano del XVIII sec. e infine la cappella di S.Pio X.

Nella NAVATA CENTRALE, sopra la porta maggiore è posta una lapide che dedica la Cattedrale a Santa Maria Assunta. Ai lati di questa navata maggiore, sono presenti anche due bellissime acquasantiere, quella di destra con l’Assunzione e quella di sinistra con il Battesimo di Gesù, capolavori del grande maestro padovano Antonio Bonazza. Uscendo dalla porta di mezzogiorno dalla Cattedrale (dove si trova il bus to di Petrarca), si possono notare sul cancello della vecchia canonica a destra, due stupendi busti di pietra di Papa Benedetto XIV e del vescovo Rezzonico, eseguiti da Antonio Bonazza, nel 1746, che possono essere confrontati con quelli sulla parete sinistra del presbiterio di Benedetto XIV e del card.Rezzonico, eseguiti dal Morlaiter. In Via Dietro Duomo, ci si può soffermare a notare il particolare gioco volumetrico dato dalle tre absidi terminali del corpo longitudinale del Duomo, dalle due absidi terminali del transetto, dal campanile e dalla cupola con l’alto tamburo e la grande lanterna. Una lapide, infine, posta sulla parete del braccio destro del transetto della Cattedrale, che si affaccia in Via dell’Accademia, ci ricorda che nelle vicinanze (in Via Dietro Duomo, nell’area degli attuali edifici nr.26-28) aveva abitato il Petrarca, canonico del Duomo di Padova (Hic proxime/Francisci Pethrarchae/domus canonica fuit).


BATTISTERO
Piazza del Duomo
Tel.049/656914
Orario di visita: ore 10-18
Chiuso: 25/12, 1/01 e Pasqua
Biglietto d’ingresso: € 2,50 intero; € 1,50 ridotto, € 0,50 scuole elementari
Tempo minimo necessario per questa visita: 30 minuti

Accanto alla Cattedrale, in Piazza Duomo, sorge un caratteristico edificio in stile romanico: il Battistero. Esso risale alla fine del XII sec ed è dedicato a S.Giovanni Battista. Presenta una pianta quadrata con alto tamburo sorreggente una gran cupola ed è articolato sul lato est con una piccola abside con cupoletta. E’ decorato all’esterno dai tipici archetti ciechi e da lesene. Ciò che lo rende unico, però, è lo spettacolare ciclo pittorico, che possiamo ammirare al suo interno, eseguito tra il 1375 e il 1378 da Giusto De’Menabuoi, divenuto in quel periodo pittore di corte dei Carraresi. E’ stata, infatti, proprio Fina Buzzacarini, moglie di Francesco I da Carrara a chiamare Giusto per la decorazione del Battistero che voleva trasformare in un mausoleo per la sua famiglia. Gli affreschi, nei quali Giusto accentua in senso coloristico la lezione giottesca, raffigurano episodi del Vecchio Testamento sul tamburo, scene del Nuovo Testamento sulle pareti, l’Apocalisse nella piccola abside (che è una delle più complete rappresentazioni di questo libro del Nuovo Testamento) e il Paradiso nella grande cupola. All’interno del Battistero, si può ammirare anche lo splendido polittico posto su un altare dipinto sempre da Giusto e dedicato a S.Giovanni Battista. Il fonte battesimale che è situato al centro del Battistero, è un’opera dello scultore Giovanni da Firenze e ha sostituito, nel Quattrocento, il monumento sepolcrale di Francesco I da Carrara, che è andato distrutto assieme a quello della moglie Fina, dopo la caduta della signoria e con l’avvento dei veneziani a Padova (1405). Osservando l’arcone gotico sotto il quale era collocato il sarcofago della committente degli affreschi, possiamo però renderci conto della sua stretta somiglianza con le tombe di Jacopo e Ubertino da Carrara, ora nella Chiesa degli Eremitani.

Approfondimento
Fina Buzzacarini moglie di Francesco il Vecchio, signore di Padova dal 1350 al 1388 (secolo d’oro per la signoria) commissionò a Giusto De’Menabuoi, pittore di origine toscana, colto e raffinato la cui pittura allora eccelleva in Italia Settentrionale, la decorazione del Battistero che le era stato concesso dai canonici della Cattedrale e che voleva trasformare in un tempio-mausoleo per onorare la sua famiglia e la città di Padova. Non si hanno notizie precise sulla data d’inizio della decorazione. Il testamento, però, che Fina ci ha lasciato prima di morire, nel 1378, dava disposizione per gli arredi liturgici di cui doveva essere fornito il Battistero e per la sua urna, ma non menzionava la decorazione che perciò si ritiene già conclusa prima della sua morte. Il Battistero per la vastità delle sue superfici e l’unità della visione ben si prestava per essere affrescato secondo una distribuzione che differenziasse anche visivamente la lettura dei testi sacri: il Vecchio Testamento in una narrazione continua sul tamburo, il Nuovo Testamento sulle pareti secondo una spartizione a fasce, l’Apocalisse nella piccola abside sul lato orientale e lo splendido Paradiso che campeggia nella grande cupola. Giusto, infatti, nell’eseguire il complesso programma iconografico a contenuto teologico ma anche celebrativo che gli era stato commissionato, cerca sempre di stabilire una logica tra spazio architettonico e decorativo. Egli distribuisce sulle pareti le scene con una suddivisione delimitata da cornici aventi carattere puramente ornamentale, ma sui pennacchi e sulla cupola, trattandosi di superfici curve, accentua lo stacco dalla verticalità tramite due cornici con un vistoso effetto prospettico a fogliame e una cornice a trafori. L’illusionismo architettonico è accentuato al massimo nelle logge e nel vano dove sono disposti i Profeti e gli Evangelisti, ognuno con il loro simbolo. Essi sono seduti davanti allo scrittoio con i libri negli stipiti semiaperti, racchiusi entro un vano chiuso scorciato dal basso in alto così che le volte a crociera rendono leggibile la profondità dell’aula. Accanto al vano con i Profeti, Giusto accosta due loggette anch’esse scorciate dalle quali sporgono due Profeti con cartiglio. Qui è la luce che segna la distanza tra il primo piano e la parete di fondo.
Nella cupola campeggia al centro la figura di Cristo benedicente, sotto di lui la Vergine in veste azzurra è attorniata da santi, sante e schiere angeliche disposti in cerchi concentrici. Il basamento degli scanni, sui quali stanno seduti i santi alla base della cupola, sporge e alternativamente arretra in luce e ombra e l’ordine di grandezza delle figure decresce di girone in girone per mostrare la profondità della cupola stessa. Nel tamburo, gli episodi della Genesi sono anch’essi distanziati tra loro come nelle pareti da una cornice ornamentale, ma poi le separazioni vengono meno. Qui la qualità pittorica di Giusto è sempre straordinaria e lo si può notare nell’uso del colore morbido e fuso nelle vesti e negli incarnati, nelle accentuazioni luministiche e nei cangiantismi. Giusto usa una tecnica particolare con stesure del colore a velature liquide sulle quali poi a fitto tratteggio ricostruisce la volumetria. Le scene bibliche della Genesi, si svolgono in uno sfondo a finto mosaico d’oro che rifrange la luce. Molte sono le notazioni naturalistiche, i paesaggi con animali e piante in questi episodi. Nella scena con Abramo e gli Angeli e nelle Storie d’Isacco con Esaù e Giacobbe, evidente è la consuetudine del pittore con il disegno architettonico e l’illusione prospettica. Lo si vede bene nell’armadietto con le ante socchiuse che mostra il bicchiere e la bottiglia di vino, che richiama i celebri coretti di Giotto nella Cappella degli Scrovegni. Interessante è, inoltre, la scena con la Creazione del Mondo, nella quale la terra è raffigurata come un planisfero con i continenti così com’erano rappresentati nella cartografia studiata da Francesco Petrarca, allora presente a Padova e in stretto contatto con la corte carrarese. Anche qui, Giusto tramite l’utilizzo del chiaroscuro riesce a rendere la sfericità della terra. Nelle pareti sono narrate le storie della vita di Cristo e di Giovanni Battista. Nella scena della nascita di S.Giovanni sono rappresentate la stessa committente della decorazione, Fina e le figlie che emergono in primo piano molto accentuato. Giusto le ritrae nell’aristocratica bellezza dei loro volti, nell’eleganza delle acconciature e nella ricchezza delle vesti. Fina è rappresentata anche nella lunetta inginocchiata davanti alla Vergine e al Bambino in trono attorniato da santi e viene presentata a loro da S.Giovanni Battista. Questo riquadro votivo è inserito nell’arcone gotico che faceva parte della tomba di Fina stessa, una struttura architettonica molto simile ai monumenti di Jacopo e Ubertino da Carrara eseguiti da Andriolo De Santi per la chiesa domenicana di S.Agostino. Oggi, questa chiesa è andata distrutta e le tombe si trovano nella Chiesa degli Eremitani. Il monumento di Fina non è stato probabilmente eseguito dallo stesso Andriolo, ma analoga è l’ideazione dell’arcone gotico posto sopra l’urna sepolcrale nelle tre tombe, degli angeli entro clipei, delle paraste con nicchie dentro le quali sono scolpite ad altorilievo le figure di santi e sante. Qui però, a differenza che nelle altre tombe dei Carraresi, prevale la pittura sulla scultura e ancora una volta è Giusto che raccorda le due arti. Dispone in asse Dio Padre, Gesù e lo Spirito Santo per creare unità di visione. La committente viene di nuovo ritratta assieme ad altri personaggi noti del Trecento: il marito Francesco, il Vecchio, la sorella Anna, Dante e Boccaccio nelle scene che rappresentano la vita pubblica di Cristo. E’ probabile che ciò fosse legato all’intento celebrativo della famiglia dei Carraresi che è ben presente in tutto il ciclo pittorico del Battistero e lo si vede anche nel continuo ripetersi degli stemmi della signoria. Interessante è anche negli affreschi delle pareti la ripresa di alcuni elementi dell’architettura veneziana (le bifore, i trafori dei marmi, i pinnacoli marmorei) come nella scena con l’Adorazione dei Magi, ma è soprattutto l’architettura trecentesca padovana che viene ripresa da Giusto. Lo si può vedere nelle nozze di Cana che si svolgono in un interno ad angolo con deambulatorio a loggia che rende bene la profondità spaziale. Nell’affresco con la Vocazione di Matteo, Giusto ha rappresentato l’edificio romanico dell’antica Cattedrale di Padova, che era stata ricostruita dopo il terremoto del 1117 e che è stata sostituita da quella attuale nel XVI sec. Tutte le scene comunque si svolgono entro architetture pacate, semplici, di taglio prospettico ma di sapore arcaizzante; è il colore invece che predomina negli affreschi, le tinte chiare quasi fluorescenti tra l’azzurro e il verde e il rosa e l’arancio. La piccola abside è decorata invece con episodi tratti dall’Apocalisse di S.Giovanni ed è una delle più complete raffigurazioni di questo libro del Nuovo Testamento, che conta pochi precedenti nella pittura murale. La calotta contiene la rappresentazione della Discesa dello Spirito Santo. Al centro, si può ammirare Cristo Benedicente; da lui si dipartono tredici finti spicchi, entro i quali si trovano i dodici Apostoli e la Vergine. Nei quattro pennacchi, sono posti i cavalieri. Sulla parete settentrionale, in uno dei vari episodi, è raffigurato un drago con sette teste che ricorda il famoso affresco del 1090, che si trova nella Basilica di San Pietro al Monte a Civate. Qui Giusto rinnova la tradizione iconografica dando avvio ad una nuova fase stilistica. Il colore in questi affreschi realizzato con rifiniture a tempera molto estese è ora perduto, ma doveva essere luminoso come quello delle scene del tamburo e del polittico che troviamo sull’altare. Quest’ultimo rappresenta al centro la Madonna con il Bambino in trono, in ciascuno dei due lati storie di S.Giovanni Battista, al di sopra figure di santi in tavole di diverse dimensioni. Nella predella, invece, compaiono gli stemmi dei committenti, mezze figure di apostoli e in mezzo una dolorosa pietà. Anche qui, Giusto porta la ricerca coloristica a livelli elevati: sceglie colori dai preziosismi rari, tinte sfumate e cangianti che preludono già al gotico internazionale. Il Battistero era decorato anche all’esterno e alcuni frammenti di questi affreschi sono stati riportati alla luce durante i restauri, che sono stati fatti dopo la seconda guerra mondiale. Un interessante ritratto di fanciullo, probabilmente un membro della famiglia dei Carraresi, che sembra essere stato eseguito dallo stesso Giusto De’Menabuoi nel terzo quarto del XIV sec., è oggi conservato nel vicino museo Diocesano.

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