Fuja Project

11 Maggio 2014 By Elena Bottin

I Fuja Project aderiscono alla campagna di sensibilizzazione ‘Save the real music’ offrendo così la loro musica in una logica di auto produzione a km zero. Mi parli dell’iniziativa?
E’ una campagna ‘inter nos’, indetta tra musicisti, tra collettivi in cui cerchiamo di strutturare i nostri percorsi musicali in maniera tale da sposarla anche se è un progetto a parte. Per quanto riguarda la logica di produzione a km zero si tratta di promuovere un lavoro musicale che resti all’interno di un meccanismo abbastanza limitato a livello geografico. Per farvi un esempio invece di andare a registrare a Milano come mi è capitato per altri progetti stavolta cerchiamo di lavorare con le persone del posto: in questo modo abbassiamo i costi di produzione e creiamo nuove possibilità in un determinato territorio. L’iniziativa inoltre aiuta a evitare uno scompenso geografico a favore delle grandi città. I produttori locali con cui abbiamo collaborato sono il Beautiful Bunker Studio di Mirko Brigo e Francesco Giacomello del Joise Studio. L’intero EP ‘Fuja Plays Scofield’ é stato concepito con il solo ausilio di materie di primissima qualità, i brani sono stati registrati nella modalità della presa diretta senza l’ausilio di Editing (taglia e incolla) che potrebbe di gran lunga compromettere la buona qualità del prodotto. Oscillazioni del Timing ed eventuali depositi presenti nel fondo sono la testimonianza di quanto sopra indicato.

Hai appena citato l’EP ‘Fuja Plays Scofield’, mi puoi dire qualcosa di più?
E’ appena uscito, siamo in fase di stampa, è un EP di cinque brani che hanno come base di partenza il sound essenziale e penetrante del grande chitarrista americano John Scofield. E’ un progetto musicale per così dire di nicchia, noi prendiamo le sonorità di base in chiave jazz e le corroboriamo con una ritmica più massiccia, rendendolo più moderno. L’idea, comune a molti altri gruppi, è quella di riuscire a portare in Italia l’influenza di grandi musicisti che sono conosciuti in maniera poco eterogenea. E’ un po’ quello che fanno gli americani con noi, uno scambio culturale: scegliendo artisti affermati che da noi non hanno molto seguito e portandoli alla luce facciamo un’operazione artistica notevole, di recupero. Sono solo cinque brani perché noi seguiamo la logica del poco ma di qualità, l’EP è disponibile dal 2 maggio: online è free, una volta stampato il giusto prezzo senza guadagno sarà onesto. La logica di autoproduzione ci permette di tenere i prezzi bassi, il nostro obiettivo è quello di “far girare” la musica, farci conoscere. E’ una vera sfida, al giorno d’oggi essere musicisti professionisti non è facile, per sopravvivere e crescere dobbiamo dividerci tra l’insegnamento e l’aspetto lavorativo in versione live. Al momento non abbiamo progetti originali, Fuja è nato proprio nella dimensione della rivisitazione: noi vogliamo recuperare grandi musicisti, ora è John Scofield, ma poi passeremo a un altro compositore. Questo poi è dovuto anche al fatto che abitiamo distanti e trovarci non è facile, ognuno di noi lavora con progetti più grandi.

Come è nato il gruppo Fuja?

Fuja è nato due anni fa, all’inizio era un collettivo che riuniva più musicisti in un determinato progetto a seconda delle intenzioni: questo stimolava le collaborazioni a livello lavorativo creando un tessuto sociale notevole, una vera e propria catena di relazioni. Con il tempo c’è stata poi una scrematura fino a raggiungere la formazione definitiva composta da me, da Enrico di Stefano (sax alto), da Alessandro Arcuri (basso), da Ruggero Burigo (chitarra) e da Simone D’Eusanio (tastiere, sinth). Quando ci spostiamo per i concerti cerchiamo però di chiamare degli ospiti, giusto per mantenere il principio che ha generato la cultura jazz: non ragioniamo come una rock band – assoluta nella scelta dei suoi componenti – ma cerchiamo di essere una formazione libera e aperta, quindi in costante trasformazione. All’interno di Fuja la parola ‘sperimentazione’ ricopre un ruolo fondamentale nella ricerca di nuove sonorità e fusione dei vari stili. L’intento è quello di creare una forma musicale volta a plasmare una libera interpretazione del jazz nelle sue sue svariate idee e sfaccettature dove swing, funk e blues s’incontrano dando vita ad un sound eterogeneo e dinamico. E’ quindi un genere di musica che in questo paese fa fatica a prendere piede, per una questione di rispetto noi andiamo a suonare solo in determinati luoghi in cui venga compresa l’idea di assistere a una vera manifestazione d’arte messa in atto da musicisti professionisti. Quindi niente barettini o locali per noi – a meno che, come nel caso di ‘Da Ugo’ a Tencarola, ci troviamo all’interno di una rassegna jazz – ma luoghi dove la musica è arte. Abbiamo già qualche data per il tour, a settembre/ottobre saremo in Germania, in estate suoneremo molto probabilmente a un festival jazz in Molise, quindi circa 20-25 date in un anno. Per noi non ha senso suonare a distanza ravvicinata nello stesso posto, cerchiamo di spostarci: la nostra area è in particolar modo il Triveneto.

Quando hai iniziato a suonare?

Io ho iniziato a suonare a 13 anni e ho sempre continuato a studiare, mi occupo di batteria e percussioni. Alla fine a venti-ventidue anni, quasi per gioco, ho cominciato a fare il musicista professionista. Ora di anni ne ho trenta, spero di poter continuare a farlo per sempre.

Il link dove poter ascoltare l’EP https://soundcloud.com/fujaproject

Camilla Bottin

marcobonutti