Intervista a Joe Lake

26 Maggio 2014

Sei appassionata di antropologia ed esoterismo, temi che ritroviamo a piene manciate nel thriller soprannaturale ‘Il teschio di Baphomet’: tra templari, poteri occulti, enigmatici salvatori, manufatti antichi e suggestive credenze africane ci rendiamo conto di essere all’interno non solo di un meccanismo narrativo che contrappone i buoni ai cattivi per la salvezza dell’umanità ma anche di una riflessione in grado di incuriosirci sui grandi misteri spesso irrisolti che la Storia ci pone quotidianamente. I teschi del destino non esistono, ma ci saranno state di sicuro suggestioni o riferimenti letterari e cinematografici che ti hanno ispirato. Raccontaci come è nata l’idea del romanzo e come ti sei mossa all’interno delle conoscenze che già possiedevi per architettare un percorso esoterico così singolare.
L’incipit di questo romanzo parte alcuni anni prima della stesura stessa,quando mi capitò tra le mani un libro molto particolare dal titolo “Dogma e rituale dell’Alta Magia” di Eliphas Levi, il più famoso studioso di esoterismo dell’800, il quale ha rappresentato anche concretamente in un disegno l’immagine di Bafometto, idolo pagano della cui adorazione furono accusati gli stessi templari. La mia curiosità è stata dettata dal fatto che non si conosce esattamente la forma di questo simulacro, alcuni lo descrivono come una testa a due facce o barbuta ed altri addirittura come un teschio. Il legame con l’ordine templare, stanziato a Gerusalemme a guardia del Tempio di Salomone, mi ha fornito gli elementi per intrecciare una storia che si svolge però ai nostri giorni. L’antropologo forense Isaac Tutuola viene incaricato dall’Università di Padova di esaminare un teschio che si presume essere quello di Baphomet. L’antica credenza che esso possegga poteri sovrannaturali scatena l’interesse di numerose sette e lobbies di potere pronte a fronteggiarsi senza esclusione di colpi. L’ispettore Falco ed il suo team saranno chiamati ad indagare sui vari omicidi collegati a Bafometto, nonché su di uno strano personaggio, una sorta di giustiziere che immancabilmente compare sul luogo del delitto per poi dissolversi. A proposito della tua domanda sulle suggestioni letterarie o riferimenti cinematografici a cui mi sono ispirata per i Teschi del Destino, posso rivelarti che una visita al British Museum di Londra è stata illuminante. Vedere uno dei teschi Maya rinchiuso nella teca e ascoltare gli aneddoti dei fenomeni paranormali che lo circondano ha sollecitato ulteriormente la mia fantasia.

Joe Lake è il tuo pseudonimo, in realtà ti chiami Jessica Rampazzo. Come mai questa scelta, c’è un perché?
La scelta di chiamarmi Joe Lake per i lettori è dettata da una mia esigenza inconscia, ovvero quella di estraniarmi da me stessa, in quanto donna ed avvicinarmi il più possibile anche al sentire maschile, in modo tale che la mia scrittura possa appassionare un pubblico eterogeneo. Avere uno pseudonimo è come indossare una maschera che mi dà la libertà di esprimermi liberamente perché, paradossalmente, dietro la maschera si è più veri e più liberi di dire ciò che realmente si è.

Mentre ‘Il teschio di Baphomet’ è ambientato tra Padova e Venezia, il tuo precedente romanzo ‘Mr. Bonnet’ è ambientato nell’universo del rugby di Sidney. Ci sei mai stata? Hai avuto qualche esperienza diretta?
Il rugby è uno sport che mi appassiona principalmente per due ragioni: è una disciplina dura e rude, ma al contempo con regole di comportamento ferree e leali. Iniziai ad apprezzarlo quando, tempo fa, ho conosciuto alcune persone di Sidney, le quali mi hanno parlato della loro bellissima città, di quanto il rugby sia popolare in Australia e di come la gente segua il campionato andando allo stadio con l’intera famiglia, senza pericolo di scontri e tafferugli, divertendosi in modo pacifico. Seguire i derby e scoprire le varie squadre mi ha permesso di addentrarmi in quel mondo affascinante, conoscere i molti addetti ai lavori e soprattutto a rivolgere il mio tifo in particolare verso un team: la squadra dei South Sidney Rabbitohs. Rispondendo alla tua domanda riguardo ad un mio soggiorno a Sidney, ti confesso che non ci sono mai stata. Le descrizioni dettagliate che si leggono nel romanzo sono frutto dei racconti diretti delle persone conosciute e di una mia ricerca sulla città. Altro discorso è per Parigi, dove viene ambientata la seconda parte della storia, poiché conosco bene la capitale francese non soltanto dal punto di vista turistico, ma anche le periferie e le aree meno note.

Hai partecipato a prestigiosi festival letterari quale quello di Mantova e Sugarpulp a Padova. Secondo i lettori il tuo stile si avvicina a quello dei romanzi sull’investigatore Marlowe di Chandler. Ti ritrovi in questa descrizione?
Il contatto con i lettori è per me un momento importante e gratificante, sia che avvenga durante i festival letterari, i reading oppure attraverso i social network. Sono occasioni d’incontro, di riflessione, di scambio di opinioni e, perché no, attimi di grande emozione. Sapere che i miei lettori mi paragonano a Raymond Chandler lo considero un onore poiché la scrittura di questo maestro del giallo-poliziesco è diretta, incisiva, ma soprattutto piacevole data la sua scorrevolezza, regola che io stessa adotto. Il lettore, a mio avviso, non deve perdersi in una scrittura artificiosa, dalla sintassi complessa, bensì concentrare l’attenzione verso la storia, immedesimandosi nei personaggi, godendosi fino in fondo la narrazione.

Camilla Bottin

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