Intervista a Giulia Calore

16 Settembre 2014

La congregazione della Voce, a cui Sara appartiene per volontà della sua famiglia, ricorda per certi aspetti il movimento religioso dei Testimoni di Geova. Tu hai mai avuto esperienze con movimenti religiosi di questo tipo?
Non conosco la realtà dei Testimoni di Geova anche se sì, è vero, nel libro prendo spunto per descrivere la Congregazione da un movimento nato negli anni 60. Oggi questo movimento, come altri nati in quel periodo grazie anche all’apertura del Concilio Vaticano II, è riconosciuto ufficialmente dalla Chiesa Cattolica a differenza dei Testimoni di Geova. La forte presenza della Congregazione della Voce nel libro è dovuta alla mia passata adesione a uno di questi movimenti che mi ha messa di fronte ad una visione del mondo “diversa” e che mi ha inevitabilmente influenzata. Il mio intento non era parlare del movimento fine a se stesso ma di come questo tipo di esperienze religiose possano condizionare, non sempre positivamente, le persone che ne fanno parte.

 E’ il tuo primo romanzo, cosa ti ha spinto a scrivere?
La scrittura è sempre stata chiusa nel mio cassetto bene al sicuro e la tenevo come un fatto privato per il mio unico piacere e svago. Poi l’incontro con una professoressa all’Università ha cambiato qualcosa e con lei è nato il progetto di questo libro. Grazie alla sua guida mi sono accorta che avevo qualcosa da dire e, sfruttando la scrittura, sono riuscita a darle forma. Certo non basta l’incoraggiamento di terzi per scrivere, tantomeno per scrivere un libro, e ciò che mi ha spinta non è neanche stata l’idea che qualcuno mi avrebbe letta (semmai mi impauriva). Credo sia perché scrivere fondamentalmente mi piace, mi fa stare bene e mi fa stare male, come se la scrittura esercitasse una forza tutta umana su di me. E’ qualcosa di vivo.

Studi all’università, ti mantieni attiva con una serie di lavoretti, sei la speaker di RadioBue… insomma non ti annoi. Cosa ti piacerebbe fare nella vita?
Cosa mi piacerebbe fare nella vita non te lo so dire, probabilmente quello che sto facendo ora. Cerco di impegnarmi a fare quello che voglio bilanciandolo con quello che devo. Sono abbastanza in movimento tutto il giorno anche se di natura amo la tranquillità della casa deserta… ma non troppo. Non sono una che fa progetti a lunga scadenza, non mi piace, in più non sono molto lungimirante quindi non sono brava a programmare. Forse la cosa che non smetterò mai di fare è studiare, è grazie allo studio che scrivo, o meglio, è tutta curiosità la mia. Sono molto curiosa perciò studio. Non per dare esami, quelli non mi stimolano molto. Oltre al lavoro e all’università ho fatto la speaker nella webradio universitaria anche se sono in “pausa” però continuo a registrare spot vocali ecc. dato che sono la voce ufficiale della radio e se c’è una cosa che vorrò approfondire in futuro c’è sicuramente il disegno/pittura: un’altra mia passione cui non sono ancora riuscita a dar spazio a sufficienza.

Il commento
Il dubbio dei “postulati aprioristici” matematici si applica a qualsiasi cosa, perfino alla fede: Sara è nata in una famiglia che vive di dogmi, di mezze frasi semplici ma inconfutabili, macigni sul cuore di chi, come lei, sente il desiderio di una vita diversa. Ma non esiste una strada differente da quella offerta dalla Congregazione, movimento religioso a cui si deve appartenere interamente, corpo e anima: l’unica che, in qualche modo, non la giudica è la nonna, ricoverata in ospizio per via di una presunta follia. Per la Madre, figura irosa, Sara è solo la figlia degenere, una specie di pecorella smarrita: ai suoi tentennamenti lei risponde con l’esempio di brava donna cristiana di casa, dedicandosi alla famiglia e pregando continuamente, secondo la volontà del Dio a cui la Congregazione canta con ardore. A Sara tutto sembra un incubo, non sa come rapportarsi con l’altro sesso: memore dell’unico incontro con un ragazzo della comunità di cui fa parte, lei sa di volere il mondo tranne che una vita passata a fare figli e lodare il Signore. “Una marea di vuoto mi avvolgeva la mente – scrive la ragazza – mi trovavo in una stanza nera, infinita”, una sorta di Universo “senza stelle e pianeti”: la situazione cambierà quando lei conoscerà un ragazzo, un montanaro, avulso dalle pratiche religiose che lei è costretta giorno per giorno a seguire.
La riflessione di Giulia Calore nei panni di Sara in “Figlia di un dio svogliato” è semplice ma sentita in profondità, vissuta con partecipazione: è il dramma di chi, a causa delle proprie scelte, si trova a rompere con il passato ma non riesce mai a distaccarsene completamente. Si dice che nessuno riesca mai a esonerarsi del tutto dall’ambiente in cui è vissuto: psicologia o vita?
Fino a che punto siamo in grado di fare breccia nella prigione mentale che ci costruiamo attorno? E’ forse l’amore la chiave di svolta?

Camilla Bottin

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