I rusteghi – Recensione

12 Febbraio 2016 By Elena Bottin

Dal 10 al 14 febbraio la nuova produzione del Teatro Stabile del Veneto, una riproposizione de “I rusteghi” di Goldoni, è di scena al Teatro Verdi. Appena il sipario si apre, alla vista appare una scena polifunzionale piuttosto semplice la quale, grazie a pochi spostamenti di pannelli laterali, si affaccia su una visuale magnifica, con una panoramica di Venezia simile a quelle di Canaletto. I salotti di fine Settecento, con poltroncine e tavole arredate, sono l’habitat ideale di quattro coppie di “rusteghi” con le rispettive mogli: gli uomini, detti “salvadeghi” per il loro attaccamento alle tradizioni e alla sobrietà, si caratterizzano per i continui discorsi misogini e fuori dal tempo. A inceppare il meccanismo è la notizia che Lucietta, figlia di Lunardo, andrà in sposa a Felippetto, figlio del mercante Maurizio. I padri, uomini di ferro, decidono senza coinvolgere la famiglia e gli sposini potranno vedersi solo il giorno delle nozze, come una volta. Le consorti, sempre più avanti rispetto ai mariti, vorrebbero andare incontro ai due giovani e progettano un incontro segreto. I vestiti di scena sono bellissimi, l’abbinamento di colori tra coppie è ben pensato e il palazzo veneziano, reso con pochi arredi semplici, diventa il fulcro di un confronto serrato tra modernità e tradizione. Le donne si lamentano, gli uomini le segregano in casa senza divertimenti: i “paroni” appartengono ad altri tempi, a convincere i quattro salvadeghi è Felice, la moglie di Canciano che grazie a un’abile oratoria riesce a smuovere i cuori di pietra. Risalta nello spettacolo diretto da Giuseppe Emiliani la bravura di Stefania Felicioli che nonostante il suo corpicino esile e l’aspetto un po’ frivolo dimostra una grandissima presenza scenica, tenendo “botta” a quattro uomini dall’aspetto burbero e imponente. Il cast, affiatato e molto sciolto nell’interpretazione in dialetto veneziano, si dimostra all’altezza di raccogliere quella sfida lanciata tre secoli fa da Goldoni, rendendolo sempre attuale.

Camilla Bottin