Villan People. La solita malastoria

10 Luglio 2013 By Elena Bottin

Abbiamo osservato il panorama del nostro Veneto indossando le lenti fabbricate secoli fa da Ruzante“, raccontano i protagonisti di questa piéce, la compagnia teatrale PantakinGrazie a questo filtro abbiamo scoperto una rete di storie, forse non rassicuranti ma vive. Nel deserto della pianura padana si aggirano uomini che invidiano, che desiderano ferocemente quello che non hanno, che non hanno mai quello che desiderano: amore, sicurezza, denaro o roba. Il crimine non li spaventa, le regole sociali non li fermano, sono Villani: brutti, sporchi e cattivi. I nostri protagonisti vengono dalla cronaca nera, ma non sono mostri, illuminano anzi le strutture profonde di questo nostro fortino di polenta e costicine: le storie che si stendono sul lettino dell’anatomopatologo sono terribilmente semplici, anche se non banali. Il nostro fugace benessere, ci può essere tolto in ogni momento. I nostri eroi parlano una lingua mista, una koinè di dialetto veneto e inglese scolastico da canzoni pop. Potrebbero essere felici, in fondo, ma sono macinati nella grande macchina del desiderio che prende tutti e sbatacchia qua e là la gente, come in preda a un gran vento: ognuno può essere ciò che vuole, ma nessuno più sa cosa vuole. Lo sguardo che gettiamo sui protagonisti non è di superiorità: ci riconosciamo in loro, vediamo nei loro motori quelli che muovono anche noi, la bestia che li muove è la stessa che si agita in noi, ancora in catene, per il momento.”