Natale di ripartenza: si torna alla normalità
16 Dicembre 2022Il 2020 ha messo a dura prova i pubblici esercizi, costretti a tenere chiuse le serrande per tutto il periodo natalizio. Lo scorso Natale “giallo”, invece, ha riportato alle vecchie abitudini solo coloro che possedevano il green pass “rafforzato”, permettendogli di festeggiare in modo un po’ più “tradizionale”.
«Dopo 2 anni di pandemia e restrizioni – dichiara Giuliano Lionello, vice Presidente dell’Associazione Provinciale Pubblici Esercizi – quest’anno non ci sarà alcuna limitazione e tutti i clienti potranno finalmente godersi questo giorno con familiari e amici, senza troppi pensieri».
Un giorno, quello di Natale, che circa 70.000 padovani hanno deciso di trascorrere al di fuori delle mura domestiche, accolti con professionalità dai circa 1.000 ristoranti e trattorie di Padova e provincia che resteranno aperti (sulle 1.400 attività di ristorazione in totale). Il tutto, per un giro d’affari che si aggira tra i 3,6 e i 3,9 milioni di euro.
I locali registrano in generale il “tutto esaurito”, grazie all’offerta ristorativa di alta qualità, ma anche in virtù degli aumenti minimi nei prezzi che si rilevano sbirciando tra i menù proposti.
«Il giusto rapporto tra qualità e prezzo – sottolinea Lionello – è sempre di più la chiave per intercettare la clientela, anche in periodi di difficoltà economiche che tutti, imprese e famiglie, stiamo attraversando: il fatto che i locali siano comunque ben frequentati conferma che siamo sulla strada giusta».
Per i “ritardatari” che ancora sono indecisi sul pranzo di Natale, ci sono ancora posti disponibili sia in Città (S’Aligusta di via Volturno propone un menù di carne a 50 euro e uno di pesce a 55 euro), sia in provincia (Al Cacciatore di Saccolongo menù a 40 euro, Milan Stardust ad Albignasego menù a 45 euro, Il Console di Saccolongo menù di pesce o carne a 65 euro, Enotrattoria Serafino di Torreglia menù a 65 euro).
Una “nota stonata”, messa in evidenza dall’annuale indagine a campione curata dall’APPE, è il calo del numero di cene aziendali di questo periodo festivo, evidentemente dovuto alle incertezze economiche e alle difficoltà che le imprese stanno incontrando, soprattutto a causa dell’aumento dei costi energetici.
«Effettivamente – conferma il vice Presidente – da parte delle aziende arrivano soprattutto richieste di contenere il più possibile il costo dei menù e, ovviamente, cerchiamo per quanto possibile di assecondare i desideri dei nostri clienti più affezionati».
Sul fronte delle proposte culinarie, la maggioranza dei locali resterà fedele alla tradizione e proporrà il classico menù di tortellini in brodo o risotti, seguiti dai bolliti con le salse (dal cren alla pearà), arrosti o spiedi di carne, accompagnati da zucca, castagne e tartufo. Senza però disdegnare le varianti più ricercate a base di pesce e crostacei. Per concludere, torrone, panettone e frutta, prevalentemente esotica. Dai menù improntati all’uso di prodotti del territorio si passa a quelli a base di ingredienti fantasiosi che richiamano alla mente altre non meno invitanti tradizioni di altri Paesi. E prendono sempre più piede le proposte adatte ad un pubblico vegano e/o vegetariano.
«I ristoratori devono infatti “fare i conti” – precisa Lionello – con l’inarrestabile avanzata del “green food”, senza poi scordare l’obbligo della comunicazione ai clienti degli allergeni presenti nelle varie pietanze».
Infine, una nota sui prezzi: la “forbice” dei costi del pranzo di Natale al ristorante va dai 40 ai 65 euro, in aumento in media di circa il 5% rispetto all’anno passato, ma non manca ovviamente qualche proposta di fascia “top”.
«Non tutti i ristoratori – chiarisce il vice Presidente – hanno applicato gli aumenti e, quando ci sono stati, hanno avuto sui menù un impatto decisamente inferiore rispetto all’aumento in generale dei prezzi con cui purtroppo famiglie e imprese stanno facendo i conti da ormai un anno (+12% circa l’ultimo dato disponibile)».