
Intervista a Giovanni Battista Rigon
25 Giugno 2014In questi giorni è al Teatro Olimpico di Vicenza con “Così fan tutte”: come si è trovato con il cast composto da giovani cantanti selezionati grazie al bando indetto dall’associazione “Settimane Musicali”?
Mi sono trovato benissimo, questi ragazzi sono giovani, bravi e pure belli, nel senso che sono fisicamente adatti al ruolo. Purtroppo con la crisi che impera questi giovani talenti hanno meno opportunità di lavoro, ma quando si riesce a metterli insieme è sempre una gioia collaborare con loro, c’è molta disponibilità, molta voglia di fare. Le persone che intraprendono la strada del canto lirico al giorno d’oggi lo fanno solo per passione, è una vita dura, fatta di disciplina, di privazioni e di studio intenso: per arrivare a certi livelli oltre al talento naturale ci vogliono soprattutto impegno e la costanza.
Lei dirigerà l’Orchestra di Padova e del Veneto, che tipo di rapporto ha instaurato con i musicisti?
L’OPV la dirigo da tanto tempo, sono quasi dieci anni che la frequento regolarmente un paio di volte all’anno sia con poemi sinfonici sia con l’opera. Il clima che si respira durante le prove e i concerti è molto rilassato, siamo tutti amici, arriviamo perfino a darci del tu: i problemi li risolviamo in maniera serena, questo tipo di rapporto non sempre è scontato. Infatti il lavoro è difficile e il tempo è sempre poco, bisogna essere produttivi senza che manchi l’entusiasmo altrimenti si finisce per arenarsi.
E’ nota la Sua predilezione per la musica sacra: Lei ha anche un intento, per così dire, filologico, visto che recupera antiche edizioni. Ce ne vuole parlare?
Nel 2007/2008 ho partecipato al festival della Valle d’Itria di Martina Franca in Puglia, una rassegna operistica molto importante, con la direzione di una Passione di Salieri. Tra i tanti, lo scopo del festival è quello di recuperare opere in prima edizione e così è stato per me anche nel 2006 quando ho diretto un’opera di Giovanni Paisiello, rappresentata nel 1792 in occasione dell’inaugurazione del Teatro de La Fenice e mai più riproposta, è stata recuperata duecento anni dopo. La mia passione per la musica sacra mi spinge a cercare edizioni poco note, le biblioteche italiane sono una miniera di musica ancora inesplorata: con la stessa OPV ho ripreso il “Messiah” di Haendel, opera molto nota, nella versione del 1770 con libretto italiano e aggiustamenti. Si sa che in passato venivano fatte varie edizioni delle opere note in base a dove venivano allestite: è qui che possiamo fare grandi scoperte, suonare brani sacri mai eseguiti.
Lei è diplomato in pianoforte, quando ha deciso di cimentarsi nella direzione d’orchestra?
Sono diplomato in pianoforte, a suo tempo ho studiato sia psicologia sia composizione, ho cercato di avere una formazione musicale che fosse più ampia possibile. Non sono mai stato un pianista puro nel senso che la mia attività si è sempre consumata nell’ambito della musica da camera. A un certo punto si è verificata una svolta: ho conosciuto Daniele Gatti, un grande direttore d’orchestra e siamo diventati amici: sono stato incoraggiato nella mia idea di cominciare a studiare direzione e ho cominciato con piccole realtà fino ad arrivare a dove sono adesso. Ho smesso da più di dieci anni ormai di suonare pubblicamente: per un paio di anni ho cercato di seguire entrambe le strade ma era troppo difficile e ho deciso di dedicarmi a una sola attività e di farla bene. Per questo ho scelto direzione d’orchestra, perché mi piace molto.
Camilla Bottin