Father and Son – Recensione

22 Gennaio 2016 By Elena Bottin

Dal 20 al 24 gennaio al Teatro Verdi Claudio Bisio porta in scena il suo one-man show dal titolo “Father and son” ispirato ai libri “Gli sdraiati” e “Breviario comico” del giornalista Michele Serra. In una stanza che ricorda il “blu dipinto di blu”di Domenico Modugno, Bisio interpreta un padre incapace di comunicare con il proprio figlio diciottenne, ingabbiato in quelle sensazioni di apatia e indifferenza tipiche degli adolescenti del nostro tempo, persi tra cellulare e serial tv. Tavolini ricoprono l’intero palco, servono all’attore per movimentare la scena: durante il monologo, dalla durata di un’ora e mezza, lo spettatore assiste alla gestualità di Bisio intervallata dalle musiche di Laura Masotto al violino e Marco Bianchi alla chitarra. Il testo di Serra, fedelmente riportato, è di un’ironia graffiante, quasi sarcastica che si specchia con efficacia sulla lastra di vetro riflettente appesa al soffitto. Compare spesso, nel dialogo che Bisio rivolge tra sé e sé, questo accenno al Monte che avrebbe scalato da giovane con il padre: suo desiderio è rivivere la salita con il figlio in una sorta di cammino di redenzione. Quattro pietre si raccolgono in un cassettone appoggiato a terra, Bisio ci sale su e le attraversa. I giovani consumatori del giorno d’oggi, che fanno la fila nel negozio di felpe americane in centro a Milano con le commesse “strafighe” che dicono “hi”, sono multitasking: la loro “evoluzione” consiste nell’usufruire di più canali contemporaneamente, la musica, la tv, lo studio e il cellulare. Bisio, padre incredulo alla visione del figlio mentre sta “sdraiato” sul divano, non riesce a capacitarsi di questa nuova adattabilità tecnologica. I ragazzi di oggi hanno tutto, perfino dei genitori contenti di lavorare per mantenerli, ma manca a loro quell’entusiasmo di una volta che spinge a fare nuove scoperte. Tutto è stato visto, assaporato, goduto, non c’è più niente da colonizzare. Esempio efficace di questa condizione è il confronto che Bisio ha con un’immaginaria adolescente che alle sue domande risponde appena, impegnata a guardare un punto fisso sopra l’orecchio dell’interlocutore. Questo dialogo senza un riscontro, così come le chiamate al telefono che vibra senza una risposta, sottolineano l’ansia quasi materna e poco virile che attanaglia il padre che vuole essere un liberale ma ne teme le conseguenze. Durante la vendemmia nelle Langhe, viene citata una frase che indica alla perfezione questa generazione di “sdraiati” che vivono in mezzo al disordine e hanno soprannomi di due sillabe tipo Niki, Loki ecc.: “i vecchi lavorano e i giovani dormono, in un paese questo non si è mai visto”. Non è una polemica, ma la semplice constatazione che nella società stanno avvenendo dei mutamenti profondi. Il teatro di Bisio è colloquiale, affabile: sembra di ascoltare davanti a un bicchiere di vino un caro amico che racconta le proprie disgrazie, con una strizzatina d’occhio al pubblico.

Camilla Bottin