God di Woody Allen

14 Maggio 2014 By Elena Bottin

Una non-commedia esilarante che mischia Antica Grecia e Broadway.
Siamo infatti in un palcoscenico del 500 a.c. in pieno Festival Ateniese del dramma e due bizzarri artisti, Epàtite e Diàbete non sanno arrivare al finale della loro Commedia.
Ultima e disperata ipotesi la presenza di una macchina in scena che conduce Dio in palcoscenico, il fatidico deus ex machina, ma il macchinario si inceppa sul finale, provocando la morte del dio tra gli ingranaggi.
L’intero dramma è denso di trovate metateatrali: non mancano infatti le interazioni con un pubblico di personaggi moderni, da Doris Levine, ragazza di origine ebraica che chiede ai due artisti di poter entrare nella loro compagnia, a Blanche Du Bois di “Un tram che si chiama desiderio” che, fuggita appunto dal dramma di Tennessee Williams, vorrebbe inserirsi nel loro spettacolo avendo saputo della presenza di Dio nella commedia.
Note di regìa
La connotazione anarchica del testo partorisce il caos, propugnatore a sua volta della forma di autodistruzione, effetto della costante e spasmodica azione teatrale capace di trasformarsi in un mostro che divora se stesso, mentre l’ Autore con verosimiglianza consacra una satira sul teatro, sovente accusato di autoreferenzialità.
Ho fronteggiato la complessità del testo con la modestia di tracciare sul palcoscenico una sorta di mappa senza tempo ove i protagonisti sono vorticosamente condannati a muoversi, il “coro” ereditato dalla tragedia greca, simbolo della coscienza collettiva e diretto interlocutore, quasi si prende gioco della coscienza stessa, mentre la morte di Dio ci conduce a nichilistiche riflessioni.
Causa il finale aperto, la ciurmaglia in scena potrebbe cadere in un moto perenne senza mai approdare a nessuna meta, ma questa è la verità del testo da cui dover partire…”il trucco è di cominciare dal finale quando si scrive una commedia” …parola di Diàbete.
Affermò Bertolt Brecht :
“il teatro non è la realtà, il teatro descrive la realtà per metterla in discussione”
Gruppo Teatrale il Canovaccio
Costituitasi nel 1990, debutta con la commedia in vernacolo “La Bozeta de l’Ogio” di Selvatico. Il passaggio al teatro in lingua avviene nel 1993 con un vaudeville dal titolo “Le Sorprese del Divorzio” replicato per 47 volte fino al 1996 e vincitore del premio Gerione d’Oro del Comune di Abano Terme. Nel tempo si susseguono poi esperienze di messe in scena da Pirandello, Cechòv, Goldoni, Molière, E. E. Schmitt e T. Williams. Il direttore artistico del Canovaccio è Antonello Pagotto. Tuttora in repertorio sono “Le Donne saccenti” di Molière, “I Blues” di T. Williams, “Variazioni Enigmatiche” di Schmitt, “Il Visitatore” sempre di Schmitt e “Il Sigillo” tratto da un romanzo sulla vita di Giacomo Casanova. Negli anni, dalle fila del Canovaccio, sono usciti attori che hanno fatto il passaggio dall’amatorialità al professionismo e che tuttora collaborano con la compagnia.