Chi gà un nono gà un tesoro

27 Novembre 2015 By Elena Bottin

Una storia in cui il dialetto è un punto di forza, ma in cui non manca anche una solida struttura, ricca di ritmo recitativo e dall’eccellente capacità di disegnare i tratti dei protagonisti. Vi si ritrova, inoltre, una sottile vena noir. Non è forse noir quell’entrare di nonni da vivi e sani all’ospedale e nell’uscirne con i piedi davanti? Ma nella casa di Evelina, abbandonata dal marito con i figli Sansy e Andrea, Anselmo, il nonno, e i suoi sodali coetanei, Mosè e Bibi, avanzano sospetti, si interrogano su quegli ingressi inspiegabili e su quelle uscite definitive, e, alla fine, capiscono che si vuol fare di loro. Testo denso di risvolti sociali, è rivelatore del ribaltamento di valori anche in spazi familiari dove i vecchi sono percepiti come un carico per il pubblico e per le stesse famiglie; ancor più in quelle in cui l’esigenza di lavorare o comunque di sostenere l’economia, riduce, se non elimina, la possibilità di accompagnare genitori e nonni negli ultimi anni di vita.