Petra Jean Phillipson
31 Ottobre 2012Dopo la sua collaborazione con David Holmes nel progetto Free Association, una session di canto in cui accompagnava Marianne Faithful e Martina Topley-Brid ed un lavoro cinematografico come “Analyse That”, Petra Jean torna finalmente al suo elemento naturale, la sua musica. Citando influenze che vanno da William Blake a Elizabeth I, da Josh T. Pearson a My Brightest Diamond, da Syd Barrett a Siouxsie Sioux, Petra Jean Phillipson realizza così il secondo capitolo della trilogia “Notes On” a cinque anni di distanza dal primo atto “Notes on: Love” (Grönland). Il nuovo capitolo, che è doppio e si intitola “Notes on: Death”, è diviso in due parti, ‘black’ e ‘white’, ognuna delle quale bilancia l’altra. Sorprende la facilità e la credibilità con cui Petra Jean ci trasporta dalle atmosfere noir in stile Kurt Weill del primo disco alle trame ed ai cori angelici della seconda parte. I riferimenti musicali si dipanano tra la versione più ispida di PJ Harvey, la più sperimentale Joanna Newsom e dei vaghi ricordi di Diamanda Galas. Momenti di folk-rock elettrico si alternano ad eterei momenti di chitarra e voce. Un lavoro ambizioso e perfettamente riuscito, un’artista che si distacca in modo deciso dalla iper-sessualizzazione dell’immagine femminile in ambito musicale.