Chiara Opalio

4 Marzo 2013 By Elena Bottin

Il recital pianistico che domenica 3 marzo ha visto come protagonista indiscussa Chiara Opalio si è articolato in tre momenti di difficile esecuzione: Haydn, Ravel e Chopin, resuscitati grazie alla magia della musica, sedevano a fianco dei presenti, con l’approvazione dipinta sul volto.
Il compositore austriaco, che ha dedicato la sua ultima sonata per piano, forse la migliore in assoluto, alla collega pianista Theresa Jansen Bartolozzi, voleva colpire l’intera Londra con armonie inusuali. Padova non può essere di certo paragonata alla capitale inglese, ma il Circolo Ufficiali a Palazzo Zacco Armeni, che si affaccia su Prato della Valle, oasi di distensione, si è fatto raccolta di impressioni vivide, estese. L’allegro di apertura, complice una French ouverture dal carattere grandioso, entrava in contrasto con il tema di sottofondo: le mani delicate di Chiara, vincitrice del primo premio sezione solisti e orchestra al premio internazionale Città di Padova, scorrevano sulla tastiera con una grazia unica, lasciando intravedere dietro le spalle scoperte una sicurezza nuova per una ragazza così giovane ma già ricoperta di allori. Si respira nell’aria la tensione, con l’adagio, una lieve fermata che intensifica nella mente dell’ascoltatore le sorprese armoniche: un vero e proprio shock luminoso che mostra tracce di Bach e che in parte ricorda lo stile pianistico di Beethoveen.
Il passaggio dall’arguzia e dall’eleganza di Haydn al fantastico romantico di Ravel può suscitare non poco imbarazzo, ben presto superato dall’immersione nei chiaroscurali interiori dell’opera del francese, ispirata al poema ‘Gaspard de la nuit’ di Aloysius Bertrand. Atmosfere horror per un trittico di difficile esecuzione in cui il talento di Chiara Opalio è emerso in tutta la sua magnificenza: Ondine, ninfa d’acqua che irretisce un uomo con la promessa di un regno, viene resa con un doppio avvicendamento sulla tastiera. La mano destra, volta a ricreare con la tecnica del ‘tremolo’ il flusso dell’acqua compensa la bella melodia del canto effettuata dalla mano sinistra: successivamente il pubblico cade in uno stato catalettico con Le gibet e si risveglia solo con un ritmo da rumba.
Sotto le poltrone si celava l’ombra di uno spirito malefico, il terribile Scarbo: la sua natura astuta, rapida e imprevedibile, resa da una musica cangiante, si rivelava sotto forma di contrasti dinamici. Ravel è un grande impressionista ma non sono mancati accenni eroici con la Sonata n° 3 di Chopin, forse la meno tragica delle tre che ha composto. Grazie a una partitura corposa, divisa in quattro parti, il pubblico è passato da un’introduzione turbolenta e drammatica a uno scherzo di durata molto breve, a tonalità notturne nel largo, fino ad arrivare al ritmo galoppante del finale. Chiara alla fine ci ha regalato un pezzo di Debussy, ‘Per le cinque dita’, di una delicatezza unica. Come lei del resto, una ragazza che ha fatto e continuerà a fare strada, una maestra di eleganza.

Camilla Bottin