Banchi di prova and La buona fede
4 Aprile 2012I due nuovi libri di Silvio Ramat, così diversi nel taglio e nell’intenzione, sono però, a ben guardare, due facce della stessa medaglia. Se infatti i cadenzati e spesso prosastici endecasillabi del racconto Banchi di prova (Marsilio) accompagnano lungo un quarto di secolo l’esperienza dello scolaro, costretto nel banco, fino a quella, non meno difficile, del professore alle prime armi, anch’egli vincolato a un suo banco, ne La buona fede. Memoria e letteratura (Moretti and Vitali), le confessioni private, gli autoritratti, i versi editi o inediti, si saldano ad un’ampia galleria di ricordi. Al centro, più di colui che ha scritto questo libro, agiscono le persone che lo hanno accompagnato e formato nel tempo (da Giuseppe De Robertis a Mario Luzi, da Eugenio Montale a Leone Traverso, da Sergio Solmi a Piero Bigongiari, da Bino Rebellato ad Alessandro Parronchi…). Vissuta in buona fede e recuperata per il tramite della memoria, la letteratura di Ramat si libera da ogni astrattezza per manifestarsi, invece, nelle sue più cordiali capacità comunicative.