Ana Arabia

12 Giugno 2014 By Valentina

Una giovane giornalista israeliana, Yael (Yuval Scharf), raggiunge una bidonville di Jaffa, alla periferia di Tel Aviv, per realizzare un reportage sulla famiglia di una donna: morta da poco, era sopravvissuta all’Olocausto e poi si era convertita all’Islam per sposare il palestinese Yussuf. Si chiamava Hanna Klibanov, ma per tutti era divenuta Ana Arabia, ovvero “io, l’araba”
In un unico piano sequenza di 81 minuti tra i vicoli degradati, tra la povertà, vissuta in comune, di arabi ed ebrei, Gitai dipana, con emozione e pudore, un avvincente movimento di macchina che abbraccia quella piccola comunità: una memorabile metafora sulla necessità di uno sguardo senza “stacchi” che unisca, in una struggente dinamica di aneddoti e ricordi, il passato e il presente del popolo israeliano-palestinese.