Inaugurazione dei locali restaurati a Palazzo Liviano

27 Settembre 2023

La sala principale è dedicata a Concetto Marchesi

Non è il cemento, non è il legno, non è la pietra, non è l’acciaio, non è il vetro l’elemento più resistente. Il materiale più resistente nell’edilizia è l’arte

Gio Ponti

La ristrutturazione, basata su un progetto “firmato” dallo Studio di Architettura Rossettini, valorizza pienamente il design originale dei locali e degli arredi ideati da Gio Ponti, e ha riguardato per ora i locali del II piano, sede del Dipartimento di Scienze Storiche, Geografiche e dell’Antichità.

Nel corso dell’inaugurazione, si terrà anche la cerimonia di intitolazione della sala principale a Concetto Marchesi, grande latinista e rettore dell’Università di Padova, membro della Resistenza e padre costituente. L’intitolazione della sala (dove è collocato il busto dell’illustre studioso, opera di Neri Pozza) celebra il centenario dell’arrivo di Marchesi all’Università di Padova (autunno del 1923).
«Non era soltanto uno studioso, uno dei maggiori nel suo campo: era un uomo che aveva una sua concezione del mondo, dell’uomo e della storia, una visione tragica, ma non disperata. Egli stesso si descriveva come uno che aveva “l’animo oppresso, ma non la rassegnazione”». (Norberto Bobbio in Concetto Marchesi e l’Università di Padova 1943-2003)
Concetto Marchesi (Catania 1 febbraio 1878 – Roma 12 febbraio 1957) fu rettore dell’Università di Padova dal 7 settembre 1943: andò ad abitare nella stessa sede del rettorato, in Palazzo Papafava, costituendovi clandestinamente, insieme con il pro-rettore Egidio Meneghettisocialista, e con l’azionista Silvio Trentin, il CLN veneto, il cui organo «Fratelli d’Italia» cominciò a uscire di lì a poco. In un’intervista, il 10 settembre dichiarò di voler rendere possibile «discutere e sperimentare cosa sia la libertà, quali siano le dottrine economiche e politiche che si vorrebbe accogliere o respingere, quali siano finalmente gli interessi supremi della Patria, della gente, del popolo lavoratore. Questa dev’essere la nuova aria che penetri subito nelle Università italiane».
Il 9 novembre 1943 Concetto Marchesi inaugurò l’anno accademico, alla presenza del ministro della RSI Biggini a cui fece preventivamente leggere il discorso, nell’aula magna dell’Università, nella quale fece consentire unicamente l’ingresso agli studenti e ai professori. Un manipolo di appartenenti alla Milizia universitaria fascista, prima dell’arrivo di Marchesi, si era impadronito della tribuna arringando gli studenti perché si arruolassero e insultando con l’epiteto di «imboscati» gli studenti che reagivano a quell’intrusione. Il tumulto si estese finché, sopraggiunti Marchesi e il pro-rettore Meneghetti, essi allontanarono personalmente e a forza i militi fascisti dal podio. Nel suo discorso di inaugurazione del 722° anno accademico richiamò l’importanza di una tradizione secolare di scienza e cultura, costante e ferma nel rivendicare l’indipendenza delle coscienze da ogni potere e da ogni prevaricazione. “La città” disse Marchesi “sente che qui dentro, ora, si raduna tutto ciò che distruggere non si può: la costanza e la forza dell’intelletto e del sapere”.
Poche settimane dopo, il 1° dicembre del 1943, Concetto Marchesi, firmandolo come Rettore, diffondeva in migliaia di copie l’appello all’insurrezione che così si chiudeva:
Studenti: non posso lasciare l’ufficio del Rettore dell’Università di Padova senza rivolgervi un ultimo appello. Una generazione di uomini ha distrutto la vostra giovinezza e la vostra patria. Traditi dalla frode, dalla violenza, dall’ignavia, dalla servilità criminosa, voi insieme con la gioventù operaia e contadina, dovete rifare la storia dell’Italia e costituire il popolo italiano.
Non frugate nelle memorie o nei nascondigli del passato i soli responsabili di episodi delittuosi; dietro ai sicari c’è tutta una moltitudine che quei delitti ha voluto e ha coperto con il silenzio e la codarda rassegnazione; c’è tutta la classe dirigente italiana sospinta dalla inettitudine e dalla colpa verso la sua totale rovina.
Studenti: mi allontano da voi con la speranza di ritornare a voi maestro e compagno, dopo la fraternità di una lotta assieme combattuta. Per la fede che vi illumina, per lo sdegno che vi accende, non lasciate che l’oppressore disponga della vostra vita, fate risorgere i vostri battaglioni, liberate l’Italia dalla schiavitù e dall’ignominia, aggiungete al labaro della vostra Università la gloria di una nuova più grande decorazione in questa battaglia suprema per la giustizia e per la pace nel mondo”.