Tutti i figli della serva

28 Maggio 2014 By Elena Bottin

“Tutti i figli della serva”, il nuovo libro di Barbara Codogno, presentato martedì 27 maggio presso la Libreria La Feltrinelli, è stato definito da Alberto Gaffi, titolare della casa editrice omonima, un «romanzo organico» per la sua capacità di conservare «tutto ciò che è umano». Citando le parole di Terenzio, l’editore esalta il valore di una storia che si fa «contenitore del caos quotidiano e veicolo di scrittura chiara delle indecisioni della vita»: la trama, similare per effetto a quelle proposte dal movimento Sugarpulp, una consorteria letteraria padovana che promuove il pulp, «un genere dinamico, politicamente scorretto, dalla scrittura veloce e rapida», in realtà si articola in «un montaggio sofisticato, con sbalzi temporali molto forti», quasi da romanzo contemporaneo che vuole trasmetterci un messaggio nuovo, collegando mondi tra loro diversi. «Marta, la protagonista del romanzo – spiega Niccolò Menniti Ippolito – sposata con un dottore brutale e rozzo, scova l’umanità che non trovava a casa in una gang di malavitosi», la cosiddetta mala del Brenta, una formazione di banditi e squinternati che «promuove la violenza essendo essa stessa il tessuto connettivo di una società che vive di locali in cui vengono consumati il sesso e droga senza lasciare speranza alcuna di riscatto». In questo collegamento tra due universi diversi, quello all’apparenza perbene della borghesia e quello della mala del Brenta, destinato al fallimento, si pone Marta, una donna dal carattere forte che trova un senso alla scena iniziale solo alla fine del suo viaggio, è un circolo che acquista valore nella comprensione dei casi umani, una «sorta di incastro che si configura come un giallo», una prospettiva inedita, quasi terribile, del Nordest.

Camilla Bottin