sChianti di Leonardo Manetti
8 Agosto 2014Uno sChianto per Leonardo Manetti, giovane poeta fiorentino: disteso sul letto dell’ospedale vede «speranze, sogni ed emozioni» chiusi a chiave in un cassetto, ma solo una «cupola malata/ frena la sua corsa», è il pensiero, «noioso frastuono».
A permettere un viaggio che le gambe non gli consentono, «visioni assalgono la mente» nello scorrere dei giorni di «un triste calendario»: «tiepidi brividi» lo accolgono, Leonardo si getta sulla paura, «salvagente senza timore». A dire il vero, lo spettacolo delle «piccole gocce rumorose» che «scivolano sul vetro» con il desiderio di entrare lo fanno esclamare dalla bellezza, sembra di stare, «pozze su ombre grigie», davanti a un dipinto.
Ed è così che il «cuore sonnolente», quel «cuore diviso a metà» può ricominciare a «vivere la speranza» e concedersi «spiragli di dolci sogni».
«Spesso mi sembra di odiarlo il mio paese – afferma Leonardo, in una conversazione davanti a un caffè – ma poi dopo una settimana che sono via mi manca. E’ un po’ come dice una mia poesia, odiare a volte è amore, certo nei limiti». A Greve sul Chianti «scorre calmo il borro», quel letto attraversa «sempre più torbido» cipressi e «cordiali poggi», fino ad arrivare in città: in quel «sottofondo di musiche classiche» Leonardo ha vissuto, sa che quelle acque «accolgono stanchi viaggiatori». Lui è un viaggiatore stanco, ha affrontato l’Amore, quel momento in cui «l’egoismo è lontano»: si tengono per mano loro, «uniti e silenziosi», lui e l’«istante».
«Una storia travagliata – racconta Leonardo – avevo conosciuto questa ragazza intorno ai diciotto anni, mi piaceva, ma quando ci sono uscito avevo paura dell’amore». «La vita insegna», è meglio «andare più piano», è «scandita/ da ore da rispettare». Questo correre malinconico che «riempie le nostre giornate» porta alla rottura finale, alla perdita dell’«essenza/semplice e genuina»: «pensare al nulla» quando si perde la risposta, porta a una dolce apatia. «Un albero mi guarda/sembra dirmi qualcosa», «basta avere la pazienza,/ di imparare a udirla,/di fermarsi a osservarla».
Un susseguirsi di metafore delicate per una poesia limpida, facendo diventare la bellezza della natura uno spirito benigno: un calando nelle poesie d’amore, quella tensione che viene meno, scoraggiante.
Una vita raccontata con dolcezza, nel bene e nel male.
Camilla Bottin