Intervista a Stefano Di Marino
23 Giugno 2014Le atmosfere di “Mosaico a tessere di sangue” sono un omaggio esplicito e divertito agli psyco – thriller all’italiana (Dario Argento in primis) e agli slasher movie degli anni Settanta: qual è il tuo rapporto con questi due filoni cinematografici?
E’ mia opinione, magari discutibile ma sensata, che i thrilleristi di oggi abbiano più una radice cinematografica che letteraria, almeno quelli italiani. Io ho sempre coltivato il genere e l’ho praticato in molti racconti brevi. Trovata l’ambientazione giusta mi è piaciuto girare il mio ‘film’ scritto alla Italian Giallo come viene definito internazionalmente.
C’è un film in particolare di questo filone che ti ha colpito e che vorresti condividere con noi?
Io sono un cultore di tutta quella produzione extra argentiana, da Lenzi a Martino ad Aldo lldo. Per questo romanzo non mi sono ispirato a un film in particolare anche se un riferimento a “I corpi presentano tracce di violenza carnale” o meglio “Torso” di Sergio Martino ha sempre un posto nella mia mente. Ma la storia nasce soprattutto da luoghi ‘veri’, il lido di Latina in particolare.
Il romanzo “Mosaico a tessere di sangue” è molto “visivo”, si presterebbe benissimo a una sceneggiatura per film: quando l’hai concepito pensavi a un’eventuale trasposizione sullo schermo?
La speranza c’è sempre anche se considero il cinema italiano morto dagli anni ’80, purtroppo. Diciamo che per unità di luogo e semplicità di ambientazione ci starebbe anche un film tv da 100 minuti.
Moira Rachelli, la Mantide, la Pazza, la Seduttrice… la stampa sguazza in questo tipo di storie aggiungendoci anche significanti femministi: una serial killer che è una predatrice di uomini diventa allo stesso tempo una rivendicatrice di diritti delle donne. Mi è piaciuto molto come hai saputo creare il personaggio e la leggenda del personaggio: ti sei ispirato a qualche figura realmente esistita? Se Moira Rachelli ti comparisse davanti riusciresti a non diventare preda della sua malia?
Moira è al contrario dei serial killer della realtà che sono quasi tutti uomini, un donna. Per dirla tutta fisicamente è ispirata a una mia amica, ma come sempre accade, personaggi e interpreti seguono vie diverse. Ho cercato di rendere la sua ‘leggenda’ quanto più seducente per tutti. Chi lo sa? potrei anche caderci… Nel qual caso non so se potrei raccontarvi come è andata…
Quando scrivi usi spesso pseudonimi (il più noto è sicuramente quello di Stephen Gunn), come mai? Quale di queste altre identità ti diverte di più?
Lo pseudonimo è sempre imposto dall’editore. Avendo io una grande varietà di temi e prolificità in passato ne ho usati molti. Adesso come diceva Highlander ne rimarrà solo uno… Accanto al mio nome uso ancora Stephen Gunn perché la serie del Professionista dura da 20 anni e creerebbe confusione al lettore trovare un altro nome in copertina.
Camilla Bottin
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