Intervista a Giampaolo Bisanti
Pubblicato il 6 Ottobre 2013Sei considerato uno dei migliori direttori d’orchestra della tua generazione e hai già alle spalle 32 titoli operistici e più di 300 concerti sinfonici: come è maturata in te l’idea di diventare direttore d’orchestra? C’è qualche modello a cui ti ispiri?
Il mio desiderio di diventare un Direttore d’Orchestra si perde in realtà nei ricordi della mia adolescenza, di quando ero uno studente del Conservatorio di Milano nella classe di clarinetto.
Durante una delle lezioni obbligatorie di “esercitazioni orchestrali”, disciplina che tutti gli strumentisti devono affrontare, mi sono trovato di fronte al grandissimo fascino del podio. E’ stata una folgorazione, un sentimento fortissimo che mi ha animato fin da subito; da quel momento non mi sono più fermato per inseguire il mio sogno. Ancora oggi sono cosciente del fatto che non bisogna mai sedersi sui risultati ottenuti ma si deve lavorare e studiare per perseguire una continua evoluzione personale e professionale.
Direttori delle generazioni passate ne ho amati e ne ascolto tantissimi, naturalmente Von Karajan, Abbado, Kleiber, De Sabata, Serafin e moltissimi altri. Trovo che ognuno possa trasmettermi e “suggerirmi” qualcosa, un piccolo tassello del mosaico che poi è il mio personalissimo.
Attualmente stai dirigendo l’Otello al Teatro Sociale di Como: vuoi raccontarci qualcosa di questa esperienza?
Questa produzione di Otello nel Circuito Lirico Lombardo sta avendo grandissimo successo di pubblico e critica; a Como e Cremona il risultato è stato importante e l’affetto e la stima del pubblico sono stati magnifici! E’ sempre una grandissima emozione poter dirigere titoli operistici così impegnativi ed accorgersi che il pubblico ne resta in qualche modo colpito ed affascinato.
In occasione dell’anniversario verdiano capita spesso di trovare nel cartellone dei vari teatri omaggi al Cigno di Busseto: Padova gli dedicherà il Rigoletto, Padova ti ospiterà. Qualche anticipazione per gli appassionati?
La produzione di Rigoletto a Padova è per me un ritorno in una città che amo moltissimo, in un Teatro frequentato da grandissimi appassionati ed intenditori. Quest’opera è talmente popolare che anche i sassi potrebbero intonarne le melodie più celebri e questo aspetto, così “conosciuto”, è fonte di maggiore responsabilità per un esecutore. E’ come una partita dei mondiali in cui l’Italia gioca…ognuno di noi si ritrova ad essere il C.T. della nazionale e crede di poter risolvere lo schema di gioco al meglio….poi però è l’allenatore che deve decidere e non farà mai contenti tutti…tranne se vince! Ecco…lo stress con questi titoli è più o meno simile.
Che tipo di rapporto hai instaurato con l’Orchestra di Padova e del Veneto in occasione dell’ ‘Elisir d’amore’ andato in scena quest’estate nella corte del Castello Carrarese? Senza dubbio l’accoglienza del pubblico è stata molto calorosa.
L’Orchestra di Padova e del Veneto è un’Orchestra Eccellente! E’ una delle grandi compagini sinfoniche italiane e si dimostra, con l’approccio sempre più frequente con il Teatro e con la Lirica, duttilissima nel seguire ed eseguire i suggerimenti e le indicazioni che riceve. E’ un piacere lavorare con musicisti di grande valore in ogni sezione e che sono anche persone gentili, sensibili e molto partecipative!
Sei anche appassionato di un altro tipo di musica, quella che proviene da un motore rombante. Come è nata la passione per la moto?
Vado in moto da quando ero bambino; non saprei dire esattamente quando questa passione si è trasformata in vera e propria “droga” per le 2 ruote…esclusivamente Italiana ed esclusivamente DUCATI. Ho avuto almeno 5 moto negli ultimi 10 anni e sono sempre in giro appena ho un momento libero o quando non fa troppo freddo.
La moto è come la musica; ne sento il bisogno a livello epidermico, fisiologico; non posso proprio farne a meno!
Camilla Bottin
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