Costellazione informale
4 Ottobre 20244/10 – 2/11 2024
Ingresso libero
Ad aprire il percorso sarà un lavoro su carta di Lucio Fontana, contrassegnato da una
forma ovale che, secondo Mattia Munari, titolare di Maco Arte «assume simbolicamente
una funzione generativa rispetto alle diverse esperienze che la mostra presenta; ruolo
interpretato, d’altronde, dall’opera di Fontana nei confronti dell’intera corrente».
I lavori selezionati, coprendo un arco temporale di quasi mezzo secolo, compongono una
visione panoramica dell’astrazione gestuale dal secondo dopoguerra in poi, conferendo
risalto a quanto accaduto in questo particolare ambito pittorico tra gli anni Cinquanta e
Sessanta. È questa la fase storica in cui l’Informale sviluppa le sue possibilità poetiche e
diviene la tendenza prevalente in Europa, ricevendo impulso dall’affermazione, dall’altra
parte dell’oceano, dell’Espressionismo Astratto.
Come gli artisti americani, anche quelli europei guardano agli “automatismi espressivi” già
teorizzati dal Surrealismo, dando luogo a un nuovo linguaggio che, liberandosi
progressivamente da finalità descrittive, trae linfa dagli stati emotivi e dall’inconscio
dell’artefice. L’esperienza diretta del secondo conflitto mondiale impedisce agli artisti
europei di recidere il rapporto con la storia; se scompare nelle loro opere la figura, non scompare il mondo, di cui le superfici manifestano una visione interiorizzata.
La materia, densa oppure luminosa, diviene così un possibile registro della memoria
recente come dell’esperienza quotidiana. Assieme al muoversi libero del segno sulla
superficie, essa ha il compito da un lato di “incarnare” la ferita collettiva della guerra;
dall’altro, di concretizzare nuove concezioni spaziali, nelle quali emerge un sentimento
della natura che intende evocare di questa il “respiro” più che le apparenze sensibili.
La pittura informale supera infatti l’intenzione rappresentativa per diventare luogo, campo
d’azione, estensione del corpo di chi le conferisce vita.
La mostra padovana, giocando sulla dialettica tra segno e materia, ma anche su quella tra
ordine e disordine, opacità e trasparenza, si propone di rendere manifesta la sua
complessità, portandone in risalto le costanti espressive attraverso il confronto ravvicinato
tra opere diverse tra loro.
Accanto al lavoro di Afro, Hartung, Mathieu, Morlotti, Schneider, Scialoja, Vedova, artisti
da ritenersi organici alla tendenza, viene presentato quello di autori che ne hanno
condiviso alcune delle aspirazioni.
È il caso di Bacci, Deluigi, Tancredi e Vianello legati allo Spazialismo veneziano, e di
Accardi, Dorazio, Turcato, fondatori negli anni Quaranta del Gruppo Forma 1.
Con l’esposizione di due opere riconducibili al gruppo giapponese Gutai, la mostra indica
uno dei punti d’arrivo del processo di identificazione tra l’atto artistico, il corpo e il mondo
organico, a cui l’Informale ha dato avvio.
Assieme a quelli degli americani Paul Jenkins e Sam Francis, questi lavori offrono al
visitatore una “risonanza” delle ricerche informali in ambito extra europeo.
Infine, due opere firmate rispettivamente di Hermann Nitsch e Arnulf Rainer, esponenti
dell’azionismo viennese, chiudono il percorso espositivo, testimoniando la persistenza di
elementi riconducibili alla corrente in opere che si avvicinano al nuovo millennio, nate da
eventi performativi di carattere rituale.
Il progetto, curato da Mattia Munari e Nicola Galvan, è completato da un catalogo che
verrà presentato al termine dell’esposizione, visitabile liberamente fino al 2 novembre 2024.