Don Giovanni – Recensione
20 Novembre 2015Al Teatro Verdi, dal 18 al 22 novembre, è in cartellone il “Don Giovanni” diretto e interpretato da Alessandro Preziosi. La scena, piuttosto suggestiva, si apre con un sistema di videoproiezioni su tre arcate fisse, da cui salgono all’inizio dei vapori viola che avvolgono come un sudario la morte del Commendatore, ucciso per mano dello stesso Giovanni che mima la scena a passo di danza, fino alla stoccata finale. Nello stesso chiosco poi sono i due servitori a confrontarsi, l’elegante Sganarello interpretato da Nando Paone e il terrorizzato Gusman che chiede notizie dell’improvvisa partenza del padrone dalla casa di Donna Elvira. Dal dialogo veniamo a sapere che Don Giovanni è come Alessandro, un grande conquistatore, sempre alla ricerca di nuove vittorie amorose. Tutte le marita, non per nulla è un grande sposatore. L’ambientazione, a tratti un po’ “distaccata” con quei suoi toni freddi, ha il pregio di presentarsi quasi tridimensionale nell’entrata e uscita dei personaggi dalle arcate laterali. Sembra un quadro, l’arcoscenico d’oro del teatro è illuminato e la racchiude come una deliziosa scena di genere di inizio Settecento. Così è in campagna, quando Don Giovanni si trova a contendersi l’amore delle due contadine alla faccia del deluso Pierino. Infischiandone del sacro vincolo del matrimonio che dovrebbe legarlo a Donna Elvira che ha sedotto e rapito dal convento, ha già in mente di esaudire un desiderio d’amore nato dall’invidia. La scena, che vede contrapporsi due donne, entrambe suggestionate dalla promessa di Don Giovanni, è a dir poco comica, con una che spintona l’altra e l’uomo che a turno le inganna. Donna Elvira, interpretata da un’altera Lucrezia Guidone, promette l’«ira della donna offesa» e in suo nome i fratelli, don Carlos e don Alfonso, promettono di lavare con il sangue l’onta. Don Giovanni, che tutto ha in dispregio, morale, medicina e religione, si maschera al fine di sfuggire la trappola e si nasconde in un bosco insieme a Sganarello, vestito da medico. Il cambio degli abiti, fatto di ombre intraviste nello scuro della foresta, ripropone l’inganno nella scena in cui Don Giovanni salva Don Carlos dall’attacco dei banditi. Il “debito della vita” non è da prendere alla leggera e Don Giovanni scampa l’ira divina ancora per una volta ma la sua condotta si accompagna sempre di più a ipocrisia. Di grande impatto visivo si presenta agli occhi del pubblico la statua di pietra del Commendatore, morto e sepolto al Mausoleo: il suo annuire presagisce le fiamme dell’inferno. Nella sua abitazione, arredata in vecchio stile, Don Giovanni continua ad essere indifferente alle lacrime di Donna Elvira, pentita e pronta a tornare in convento e a quelle del vecchio padre. Lui soffre di un vuoto esistenziale, è in preda a una sorta di noia metafisica a cui resterà coerente fino nel finale, quando riceverà la punizione divina. Alessandro Preziosi e Nando Paone hanno dato ottima prova di sè nei continui scambi di “prediche”, la loro recitazione è gigante in tutti i sensi. Eccellente il cast che completa lo spettacolo, da Lucrezia Guidone a Roberto Manzi, da Daniela Vitale a Maria Celeste Sellitto, da Matteo Guma a Daniele Paoloni. Al Teatro Verdi fino al 22 novembre, da vedere.
Camilla Bottin