Medea

19 Febbraio 2016 By Elena Bottin

da Medea di Euripide
da Medea di Seneca
da Argonautiche Orfiche di Anonimo
drammaturgia di Alessandro Cinquegrani

regia: Stefano Scandaletti
con: Anna Tringali, Giacomo Rossetto

Proporre nuovamente la tragedia di Euripide, di Seneca, senza interrogarci su chi p otrebbe essere Medea oggi sarebbe un’impresa poco utile. Perciò, lasciandoci ispirare dai fatti di cronaca, si analizzano le cause, le dinamiche famigliari ricorrenti — abbandoni, tradimenti, separazioni — nelle quali i figli diventano oggetti da contendersi per ottenere vendetta. Ci si domanda quali forze portano una donna a ricorrere alla collera violenta o al calcolo cinico, e quali sono quelle intime e lente macerazioni che la spingono verso l’orrore. La “tragedia d’amore” raccontata a due voci — lei e lui, Medea e Giasone, in tempi che mai coincidono tra loro — recita il linguaggio del passato attraverso gli altoparlanti di un’emittente radio. Un radiodramma. Ad ascoltarlo c’è una donna che, travagliata dal dolore, trascorre uno dei suoi tanti giorni, in solitudine. In un intreccio di linguaggi e di epoche, gli attori si muovono sulla scena replicando dal vivo i suoni, amplificati e non, e d ando vita alle ombre presenti nella mente della nostra Medea; una madre alla ricerca di una verità che vuol essere coinvolgimento e formazione della coscienza degli spettatori di oggi. Infanticida? Sta a noi abbandonarla, eliminarla, nasconderla oppure arrischiarci a penetrare nel suo cuore per comprendere che quel picco di violenza è un processo doloroso che tutta la società dovrebbe scontare.