L’uomo che scambiò sua moglie per un cappello

5 Giugno 2014 By Elena Bottin

Questo è un lavoro che nasce dalla consapevolezza che ogni corpo porta con sè un racconto, una storia, racchiude in sé una bellezza, unica, irripetibile.
Rileggendo ‘L’uomo che scambiò sua moglie per un cappello’ di Oliver Sacks abbiamo ritrovato un immaginario composto da corpi che raccontano e constatato come il grande neurologo si sia occupato prima di tutto delle persone. In una visione quasi olistica della medicina, Sacks si occupa del malato non della malattia. Ma dentro le parole del libro, negli spazi in cui il nostro pensiero trovava posto tra una riga e l’altra, abbiamo immaginato anche l’anima più ‘feroce’ di Sacks, abbiamo riconoscito l’indagatore scientifico che può esaltarsi nello scoprire un nuovo aspetto della malattia e che, da grande divulgatore, trova un piacere sottile nel gridarlo al mondo. E allora ci è tornato alla mente anche come nei primi decenni del secolo scorso, in pieno espressionismo, la malattia e il malato venissero ‘mostrati’ senza censure, un serraglio di freaks da mostrare al mondo, tanto da far esclamare al più grande imprenditore circense di tutti i tempi , Phineas Taylor Barnum: “Se non siete come tutti gli altri, mostratelo!”.
Il nostro lavoro ripercorre così i casi descritti da Oliver Sacks nel suo saggio neurologico, ma indugia anche nel mondo circense ed espressionista, attorniato da clown, freaks, presentatori, attingendo ai testi di Wedekind, alle immagini di James Enson, alle musiche di John Cage e di Kurt Weill e ai film di David Lynch.