Don Giovanni
19 Dicembre 2012Sganarello è l’unico infelice rimasto in sala, la sua paga è sfumata nella punizione che il Cielo ha inflitto al suo padrone: in realtà, l’accogliente Teatro Sociale di Cittadella si è fatto eco di un dramma segnato già da tempo dalle azioni nefaste dello spregiudicato libertino, nella presa di coscienza di un abisso che si spalanca a poco a poco. Gli spettatori assistono impotenti all’impossibilità della redenzione, tremano quando appare in scena lo spettro finale, si sentono toccati nell’intimo quando viene chiesto a un povero di bestemmiare in cambio di un luigi. Questi momenti di alta tensione spirituale, nella ricerca di un pensiero libero da condizionamenti morali, si sono intervallati a siparietti comici, in un botta e risposta che riporta in voga la migliore tradizione della Commedia dell’Arte: le due contadinotte, interpretate dalle bravissime Alessia Giuliani e Mariella Speranza, vengono prese in giro con garbo da un Don Giovanni nettamente superiore nei modi. I fasti dell’epoca, gli splendori della corte nobiliare sono vagamente evocati: Zavattieri ha preferito un impianto scenico dal sapore moderno, con toni minimali. L’uso delle luci, a cura di Sandro Sussi, specialmente nel quinto atto, hanno contribuito a creare un’atmosfera gotica, pregna di paura. Sganarello, interpretato da un perfetto Alberto Giusta, calato a puntino nella parte, fa da contraltare all’elegante Zavattieri, con un puntiglio a dir poco apprezzabile: la figura del servo viene in qualche modo rivalutata dall’importanza delle discussioni che egli si accinge a sostenere, compresa l’elevazione del tabacco a creatore di virtù, pensieri alla rinfusa che fanno spesso riferimento alla giustizia del Cielo, incarnata poi nella statua del Commendatore. Donna Elvira, quasi sempre piangente in scena, colpisce per la forza dei suoi sentimenti: si è lasciata irretire, ma è pronta alla redenzione e cerca di salvare l’amato dal fare una fine terribile. Massimo Brizi e Alex Sassatelli che si cimentano nelle parti restanti, dal contadino a don Luigi, sono il miglior contorno che un’opera teatrale può sperare di avere: incisivi e dotati di grande carisma. Uno spettacolo in cui c’è poco realismo scenico ma molti spunti di riflessione, consigliato.