Cyrano de Bergerac
24 Ottobre 2011All’opera teatrale non manca nulla: poesia, amore, eroismo, gioco, comicità, dolore, morte.
La vicenda mescola all’ardimento in stile cappa e spada, gradasso e rumoroso, il gusto romantico per i grandi sentimenti, spruzzato qua e là di introspezioni che anticipano il Novecento – con i suoi dubbi, le crepe, la coscienza dolorosa dei contrari… mentre la scrittura in versi distende sull’intera commedia un velo di classicità arguta, piena di grazia e intelligenza.
Cyrano de Bergerac, guerriero impavido e singolare letterato, stigmatizzatore della società dei nobili ladroni, si sente brutto – per via di quel naso fuori norma che è la sua condanna. Esasperando il dato storico, Rostand materializza in quell’imprescindibile appendice il muro che separa il poeta-filosofo dal mondo, l’amante dall’amata, l’eroe soldato dal Palazzo del potere. Ma la diversità si paga; e Cyrano, ’che in vita sua fu tutto e non fu niente’, perseguendo accanitamente il Giusto e il Bello si vota ad una disumana, esemplare e forse inutile infelicità.
Tutto questo tra duelli, equivoci, travestimenti, nobiltà, cadetti, raggiri, baci, pleniluni, battaglie e – soprattutto – versi: cosicché la pièce rimane sempre vigorosamente in bilico tra farsa e pathos; è il marchio straniante del linguaggio in rima che la àncora fissamente al palcoscenico preservandola dalle derive.
Compagnia Teatro del Corvo.