Bagnoli di Sopra
8 Ottobre 2013VILLA WIDMANN
Visite: parco e cantine giovedì dalle 15 alle 18.30.
Ingresso gratuito
Tel. 049 5380008)
per gruppi è obbligatoria la prenotazione
Chiuso 25.12, 26.12, 1.01, 1.05
Web: www.stradonvinfriularo.it
La residenza dei Widmann sorge nel centro di Bagnoli, là dove aveva sede il monastero quattrocentesco di S.Spirito, tanto che degli edifici preesistenti si individuano ancora le tracce delle cantine e di un edificio.
Comprato all’asta nel 1657 il monastero che sorgeva al centro del paese, i Widmann iniziarono i lavori per la loro sontuosa residenza che serviva anche come gentro di gestione dell’agricoltura locale. E’ del 1670 il progetto dell’architetto Baldassarre Longhena e presenta (nei coevi rimaneggiamenti) uno stile barocco che richiama Palazzo Rezzonico di Venezia.
La dimora divenne ben presto non solo centro della corte agricola, ma anche cenacolo di letterati e musicisti nel corso del Seicento e del Settecento. Durante le rappresentazioni e i convivii gli ospiti erano alloggiati nell’annessa foresteria (attuale palazzetto di proprietà comunale).
La struttura più nuova risale al 1674 e si presenta in una porzione alta tre piani, dalle ampie finestrature del salone al piano nobile, mentre la seconda di due piani (a seguire) determina una prospettiva d’effetto sulla piazza antistante, dominata a sinistra dalla chiesa parrocchiale a cui fa da contraltare il lato destro sporgente della villa. La piazza anteriore fino agli inizi del Novecento era ricoperta da un prato che oggi è in parte verde e in parte parcheggio. Ancora si vedono il pozzo del 1670 in pietra d’Istria, una colonna del 1669 e qualche pilastro cinquecentesco.
Stilisticamente gli accorgimenti adottati per la decorazione della facciata (mascheroni, archi, parapetti, bugnati) sono gli stessi usati a Venezia per palazzo Labia, sede della Rai.
Il complesso monumentale, che nel prospetto posteriore mostra linee più essenziali, nasconde un bel prato (modificato rispetto all’originale disposizione in 6 giardini all’italiana arricchiti nel 1742 da 16 statue “dialoganti” in pietra tenera che Ludovico III Widmann commissionò ad Andrea Bonazza), grandi alberature e campagne retrostanti
. Quello che si vede in questo spazio verde è uno dei più interessanti cicli di statue veneziani del periodo. Va detto che nel 1797 il solo giardino misurava 9.000 mq (pari a 24 campi padovani).
Internamente pareti e soffitti dei saloni del corpo principale e della foresteria sono affrescati da scene allegoriche e mitologiche attribuite a diversi artisti del Settecento, fra cui G.B. Pittoni e Andrea Pastò, autore (il secondo) pure dei fondali del teatro: fondali che nel 1779 furono venduti al Teatro della Magnifica Comunità di Este. Pastò si trasferì in pianta stabile nella villa di cui divenne amministratore.
Saccheggiata dalle truppe napoleoniche ed estintasi la famiglia Widmann, il palazzo nel 1856 (e fino al 1917) divenne proprietà del principe francese Pietro D’Aremberg d’Alcantara, il quale, risiedendo a Parigi, lo trascurò.
La nuova proprietà, la famiglia milanese Borletti, ha risollevato le sorti della residenza e della tenuta, oggi sede dell’azienda agricola produttrice del Vin Friularo doc che viene custodito nelle botti delle originarie cantine trecentesche dei monaci.
CHIESA PARROCCHIALE S. MICHELE ARCANGELO
Nel 954, quando Almerico II regalò gran parte del Bagnolese ai monaci di Brondolo, la cappella di S. Maria e di S. Michele Arcangelo già esisteva e si trovava a Bagnoli dove oggi sorge la parrocchiale. Tale chiesa rimase intatta fino al 1424, fin quando cioè Papa Martino V soppresse quella comunità religiosa trasferendone i beni alla nuova congregazione agostiniana del S. Spirito.
Di questa antica chiesa ristrutturata e ingrandita nel 1425, resta oggi solo il presbiterio che presenta esternamente lesene e piccole arcate gotiche, una ricca facciata barocca mossa da elementi chiaroscurali e dalla presenza delle statue del Bonazza raffiguranti S. Pietro e Paolo, rappresentati anche internamente in affreschi cinquecenteschi di scuola padovana.
La chiesa quattrocentesca era lunga 15 metri, larga 10 e alta 10; aveva 4 altari ed era divisa internamente in due da un muretto: davanti stavano gli uomini, dietro le donne. Il campanile che oggi si vede risale al 1507, mentre il resto della chiesa è del 1674, realizzato su progetto di Martino II Widmann per sciogliere un voto. Il committente però voleva farne una cappella palatina collegata al palazzo e a cornice della piazza, quindi provvide a un restauro globale dell’edificio, al cui interno sono ancora visibili alcuni pale d’altare.
L’altare principale è dedicato al SS. Sacramento, un secondo a S. Francesco, un terzo a S. Antonio, un quarto a S. Carlo Borromeo, un quinto alla Madonna.
La pala seicentesca dell’abside è dedicata a S. Michele che sovrasta S. Luigi di Francia, S. Giovanni Evangelista e S. Martino ed è attribuita al pittore estense Antonio Zanchi (1613-1722).
Federico Cervelli (pittore lombardo del Seicento) ha firmato invece il dipinto che sul primo altare di destra raffigura l’estasi di S. Francesco circondato dagli angeli.
Il secondo altare a destra vede protagonista S. Carlo Borromeo: è di autore incerto, ma ricalcante fedelmente un quadro che Paolo Veronese dipinse nella chiesa di S. Zulian a Venezia: il S. Girolamo del Veronese qui viene sostituito con il patrono di Milano e S. Giacomo diventa S. Francesco di Paola.
Un’altra pala tardo seicentesca, raffigura l’apparizione della Madonna a S. Antonio alla presenza di un vescovo e di Santa Chiara.
Nell’ultimo altare la Madonna del Rosario attorniata di angeli guarda S. Domenico, Santa Teresa e S. Rocco. Si tratta della pala più antica della chiesa, citata già in una visita pastorale nel 1595, dalla firma corrosa da successivi ritocchi.
Attualmente in restauro
Si trova all’incrocio tra le strade che conducono a Conselve e a S.Siro ed è davanti alla piazza principali di Bagnoli. Il palazzetto fu voluto dall’abate Antonio Widmann nel 1707.
La costruzione richiedette due diverse fasi, subendo influenze architettoniche tipiche dei progettisti emiliani del tempo.
Molto bella la scala ovale interna che culmina con un affresco.