Le svelte radici

22 Maggio 2014 By Elena Bottin

Essere nel mondo, pare dirci questo Sandro Pecchiari. Tutto entra in questa sorta di Canzoniere abitato e toccato dagli uomini, soprattutto attraversato, reso noto dall’importanza che hanno per il poeta i luoghi riportati alla fine dei versi, le città in cui quei versi sono stati ispirati. Pecchiari sceglie il “contatto” della visione, di immagini piane – ma anche labirintiche – che non dimenticano mai di attraversare le cose stesse. Sono paesaggi captati nel loro carattere assoluto proprio perché mantengono la naturale carica vitale di una visione, se così si può dire, fatta di istanti e natura (tanto da farci venire in mente, talvolta, quel capolavoro d’immagini che è stato Picnic a Hanging Rock). L’equilibrio è sostenuto anche da una tecnica che domina una linea classica (spesso viene in mente Foscolo. O Leopardi), che ben corrisponde al carattere introspettivo e meditativo del libro. Una poetica dello sguardo (anche) panico ma dove, attenzione, non c’è nessuna istanza consolatoria, almeno di prima battuta, fin dall’inizio infatti l’autore ci ammonisce senza troppe mediazioni: “E mentre voli in questi luoghi/ li tocchi quasi e quasi li conquisti/ regala loro presto un nome/ perché da qualche parte/ il tuo gran regno sta diventando pioggia”. (dalla prefazione di Mary Barbara Tolusso)