Visita al Giardino Treves e a Palazzo Giacomini – Romiati

10 Novembre 2013

Affiliati alle logge massoniche in una fucina di ideali d’indipendenza, i seguaci delle logiche del mistero che sottostanno alla costruzione di due giardini padovani molto suggestivi, quello adiacente a Villa Treves, ora scomparsa e quello di Palazzo Giacomini Romiati in via del Santo, si sono ritrovati a seguire un percorso prestabilito irto di simboli: non c’è abiura come per il Jappelli, la visita guidata è riuscita a condurre i fortunati ad accedere a nuovi livelli di conoscenza. Entrati nel cortile del Palazzo sotto la dicitura G.B. Da Monte, medico cinquecentesco, ci si è trovati di fronte a una “collina artificiale”: con l’acqua che scorre nella fantasia, vestigia di passate strutture a getto, l’inerpicata conduce a una nicchia, punto di accesso obbligato per chi vuole giungere alla sommità della torre circolare, riservata ai Maestri, a chi si sopraffina nelle regole di affiliazione massonica. Gradino dopo gradino, per una scala stretta, la fatica viene ricompensata con l’ottima vista su Padova, con la cupola del Santo visibile da un lato: contrapposto alla facciata neogotica della struttura, il giardino romantico del 1839 appare disseminato qua e là di rovine, con un effetto mirabile d’insieme. E’ con tristezza che si ricorda anche la Pagoda Cinese del giardino Treves, ripiegata su se stessa in seguito ai bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale: è un passato italiano quello che si osserva, riservato solo a chi sa, a chi può. Evitando l’interferenza austriaca, la fraterna concordia della stele monumentale posta dopo l’attraversamento del ponte ad arco, apre la via a un tempietto e a uno spiazzo riservato alla serra, ma i pavimenti sono troppo elaborati per poter dire con certezza la sua funzione. E’ il Mistero, la Segretezza a regnare in queste zone verdi: ognuno s’immagina figure di spicco che di giorno si comportano normalmente e di notte si riuniscono singolarmente nel Gabinetto dei Ragionamenti per meditare su quello che c’è da dire, da fare. Il professor Giacomini che dà il nome al palazzo era uno stimato docente universitario, ma negata gli era l’acclamazione studentesca: chi sa quali Passi Perduti ha compiuto in compagnia dell’amico, l’architetto Jappelli, per arrivare ad elaborare un percorso di sapienza riservato ai pochi eletti. Una mattinata intensa.

Camilla Bottin