Priscilla, la regina del deserto al Gran Teatro Geox
2 Dicembre 2013Campeggia, su una cartina a sfondo sipario, l’Australia: il rossetto in primo piano con ai lati due mirrorball in perfetto stile “La febbre del sabato sera” ci fa già presagire che stavolta si balla sul serio. Felicia, nome d’arte della giovane drag queen Adam, ha un sogno, vorrebbe cantare le canzoni di Madonna: «Madonna? Un’icona, come la Tour Eiffeil» esclama pungente la trans Bernardette, più avanti con gli anni.
La trama è piuttosto semplice – e infatti non stiamo a raccontarla – e ha a che fare con il viaggio compiuto a bordo di un bus rosa, la Priscilla del titolo. Brillantini, led e tinte sfavillanti, per dirla con le parole di Cyndi Lauper in “True Colors”, non può esserci noia in una vita vissuta pienamente, alla luce della libertà sessuale più assoluta. Anche il funerale di Trumpet non può essere triste, il cast canta “Don’t Leave Me This Way” col sorriso in un profluvio di costumi e di entrate in scena incredibili: calate dall’alto come un antico coro greco, le Divas, irrompono con il loro commento cantato, “Girls Want To Have Fun”, ecco la verità universale. Non mancano i riferimenti alle discriminazioni nei confronti dei gay, all’alba di Broken Hill compare la scritta “Froci di merda”: qualche genitore potrà pure essersi scandalizzato alle battute ma è la realtà, trovo che questo variopinto specchio possa aiutare molto nella comprensione di scottanti temi d’attualità come le adozioni gay. Tick/Mitzi è un padre che ritrova il figlio e non sa come spiegargli la sua stranezza: è una drag queen che “love the Nightlife” e adora travestirsi con costumi stravaganti, tacchi a spillo e fantasiose parrucche. Questo è il punto di forza del musical, un insieme di costumi che sfilano nell’incredulità dei presenti, una macchina da otto milioni di euro che prevede altrettanti incassi: la stessa scelta di far cantare i testi in inglese conferma lo spettacolo a livello internazionale, con un aggiornamento rispetto al film del 1994. Non ci sono canzoni degli Abba, ma un impasto rockeggiante che non stanca mai, con i successi più importanti degli anni Ottanta e Novanta. Antonello Angiolillo (Tick), Marco d’Alberti (Bernardette) e l’esuberante e giovanissimo Riccardo Sinisi (Adam) sono un trio affiatatissimo e diciamocelo qui senza peli sulla lingua (e sulle gambe) incredibilmente coreografico, con un’agilità fisica senza pari. Ci sarebbero mille altre cose da raccontare ma voglio lasciare spazio al ritmo del Boogie che per tre sere di fila ha invaso il Gran Teatro Geox.
Camilla Bottin