La fermezza educativa: i no che aiutano a crescere
18 Aprile 2015Due parole devono travalicare il canale attraverso cui scorre la società “fluida” di Bauman e risalire con vigore la corrente: “no” e “fermezza” non devono essere più sinonimi di autoritarismo, bensì di dialogo volto a costruire la persona del futuro che è il bambino. L’incontro “La fermezza educativa: i no che aiutano a crescere” che si è tenuto venerdì 17 aprile presso l’aula magna dell’ex Collegio Vescovile di Este non ha avuto pretese di esaustività, ma di “prurito”, ovvero quella capacità di insinuare sotto pelle sottili riflessioni riguardo temi importanti e condivisi. Al giorno d’oggi infatti mancano quei “confini di ruolo” di cui educatori e genitori hanno bisogno per trasmettere un messaggio educativo solido: «In questa assenza di modelli culturali – commenta Giancarla Toffano per conto dell’Althedame, associazione promotrice dell’evento – si necessita di un campo d’azione definito, di un ruolo, di confini chiari e riconosciuti. I bambini non sono più in grado di sperimentarsi e di maturare un senso di responsabilità perché i troppi “sì” di genitori ed educatori appiattiscono il desiderio, la sfida, l’entusiasmo di mettersi in gioco». Il compito di introdurre i relatori presenti, ovvero la psicologa e psicoterapeuta Valentina Mora, il professore Sergio Casprini e lo scrittore e avvocato Romolo Bugaro, è spettato alla professoressa Luciana Permunian, esperta di scrittura creativa. «Nella società di oggi, che alcuni autori chiamano “ipermoderna” – spiega la psicologa Valentina Mora, artefice dell’intervento “Assenza di limiti e perdita di confini. La crisi della società attuale e il cambiamento nelle relazioni di coppia” – si è verificata una liquefazione di legami. La stessa funzione simbolica del padre, importantissima perché ostacola la gratificazione del desiderio del bambino facendogli sperimentare il senso di colpa per desiderare ciò che non dovrebbe, è venuta meno, ora vige il soddisfacimento del desiderio, in un vero e proprio consumo sfrenato richiesto dalla società stessa che “obbliga” a stare al passo con le novità tecnologiche». In un universo in cui è più importante “apparire” invece di “essere” e la famiglia ha perso una condizione di stabilità, l’unica istituzione che è in grado di offrire delle “certezze” educative è la scuola. Ma anche qui ci troviamo in una situazione di crisi, con un insegnante sempre più diviso tra i compiti della sua professione, l’assistenza sociale e la psicologia, fino a perdere un po’ di vista quei “ruoli” predefiniti che tanto servono ai bambini per crescere. Il professore Sergio Casprini ha poi offerto delle metafore molto utili sul piano pratico per orientarsi all’interno della riflessione: «Riporto il concetto della “lastra di ghiaccio” – spiega l’uomo – che Wittgenstein ha inserito all’interno delle sue “Riflessioni filosofiche” secondo il quale per muoversi si necessiterebbe dell’attrito. Quella che ci viene offerta è una situazione ideale, una lastra di ghiaccio ben livellata, ma senza una conseguenza dell’agire non si potrebbe avanzare. Il “no” si pone come “incentivo” allo sviluppo del bambino: così come la madre gnu evita di allattare il piccolo per costringerlo a camminare e quindi a crescere, l’educatore deve concentrarsi sul suo ruolo e agire in vista di quello, senza perdere di vista l’obiettivo finale». Dopo l’intervento del professor Casprini, architetto esperto di storia dell’arte, dal titolo “Senza fermezza educativa nella scuola i giovani né imparano né crescono responsabilmente rispetto alla società e a loro stessi”, la moderatrice, la prof.ssa Permunian ha dialogato con l’ultimo relatore della serata, lo scrittore Bugaro, autore di storie e luoghi che ben conosce, dato che vi è nato e cresciuto. Padova, centro “vissuto” in cui Bugaro ambienta gran parte del suo “Bea vita”, è fatta di uomini impegnati in un “superlavoro” e di donne dedite allo shopping, disinteressate dal punto di vista economico. «Io come avvocato mi occupo di fallimenti – spiega Romolo – e ogni giorno assisto alla rovina di intere famiglie. Non è più come nella società di una volta in cui il tracollo economico avveniva in maniera graduale, ora chi fallisce perde tutto da un giorno all’altro. Prima gira in Mercedes e poi si trova a piedi, basta che un solo produttore si limiti a non pagare per mandare in bancarotta l’intera azienda. Queste situazioni portano al suicidio e alla demoralizzazione». In queste pagine dense di “vertigine fisica”, in cui la storia prende corpo, possiamo ritrovare quei “germi” di una situazione in cui mancano mediatori culturali efficaci. «I personaggi di “La buona e brava gente della nazione” – commenta la moderatrice – sono rampanti eppure fragili. Arroganti, ma piagnucolosi, il prodotto di una ricchezza conquistata senza averne quasi consapevolezza». Questo così come gli altri libri di Bugaro raccontano il Nord Est attuale. A intervallare i diversi punti di vista sono intervenute i Maestri Luisa Benato alla tastiera e Galia Berghi al violino che si sono cimentate nell’esecuzione delle più belle colonne sonore dei film. Alla fine dell’incontro non è mancato un commento interessato dal pubblico, presente numeroso alla serata.
Camilla Bottin
Complimenti alla giornalista che ha riportato in modo completo gli interventi della serata.